Pierre Sprey non ha progettato l’F-16

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La controversa saga dell’F-35 ha generato una lunga serie di miti e leggende che hanno toccato trasversalmente la storia degli aerei da combattimento statunitensi dagli anni sessanta ad oggi.

Prendiamo ad esempio il tanto chiacchierato Pierre Sprey. Chi e’ costui? Sprey era un’analista di sistemi presso l’Office of Secretary of Defense (OSD), nonche’ membro della famigerata “Fighter Mafia“, un ristretto gruppo di ufficiali USAF e civili noto negli anni settanta per ssere stato uno dei piu’ influenti think tank militari in campo aeronautico. Fra i membri di questa elite spiccavano l’indiscusso leader John Boyd (si veda anche l’OODA loop) ed Everest Riccioni, entrambi ufficiali USAF. Fra i meriti della Fighter Mafia c’e’ stato anche quello di aver portato all’attenzione dei vertici dell’aeronautica statunitense e del Pentagono (a partire da Mervin Laird e David Packard, rispettivamente segretario e vice alla difesa sotto Nixon) l’importanza di disporre di un caccia leggero altamente manovrabile e relativamente semplice da poter affiancare al piu’ complesso e costoso McDonnell Douglas F-15 Eagle, un modello da superiorita’ aerea al cui sviluppo aveva partecipato lo stesso Boyd. L’interessamento e le attivita’ di lobbying della controversa Fighter Mafia (e dei relativi supporter politici) portarono in seguito alla specifica USAF detta LWF (LightWeight Fighter) e al relativo concorso poi vinto come sappiamo dal  General Dynamics F-16 Fighting Falcon.

Ma torniamo a Sprey, che negli ultimi anni e’ prepotentemente ritornato alla ribalta criticando ad ogni pie’ sospinto l’F-35 (alcune volte giustamente, altre volte… ehmm… ricoprendosi di ridicolo fino allo sputtanarsi). Il problema – e qui ritorniamo al topic iniziale – e’ quando la stampa generalista e testate web popolari gli attribuiscono meriti che in realta’ non ha. Ad esempio quello di aver progettato l’F-16. Su internet e riviste varie ed assortite potete trovare ampia documentazione in merito.

Mettiamo dunque i puntini sulle “i”, non tanto per fare i puntigliosi, ma per dare il GIUSTO CREDITO a coloro che hanno realmente creato il Fighting Falcon e che – purtroppo – vengono raramente menzionati.

Innanzitutto l’F-16 e’ nato da un TEAM, e ripeto TEAM di ingegneri. E non me la menate con la storiella del genio solitario “faso tuto mì” perche’ non ci crede nessuno (in email ne ho lette di tutti i colori). La filosofia DIY potrebbe aver avuto successo nell’affermazione dell’etica punk, ma non nell’ingegneria aeronautica di alto livello. Nonostante la narrativa popolare, nemmeno il fucile d’assalto AK-47 fu opera del solo Mikhail Kalashnikov, figuriamoci un sistema d’arma estremamente complesso come un jet da caccia.

A guidare il suddetto team c’era Robert H. Widmer (1916-2011). Il curriculum di studi di Widmer, nativo di Howthorne, New Jersey, comprendeva una laurea al Rensselaer Polytechnic Institute e un master’s degree al California Institute of Technology (il celebre Cal Tech, dove Theodore von Karman nel 1944 formo’ assieme ai colleghi del GALCIT il Jet Propulsion Laboratory). I suoi piani erano quelli di arrivare al Ph.D, ma questi s’infransero quando nel 1939 venne reclutato dalla Consolidated di San Diego, dove si occupo’ di PBY, PB2Y e B-24, l’aereo da combattimento americano maggiormente prodotto durante la Seconda Guerra Mondiale. Presso la Convair, nata nel 1943 dalla fusione della Consolidated e della Vultee, Widmer fu in seguito responsabile dei test in galleria del vento del B-36 Peacemaker, cosi’ come dello sviluppo di aerei estremamente avanzati e al tempo stesso discussi come il B-58 e F-111. Nel 1970 fu promosso vice-presidente per la ricerca e sviluppo degli impianti di San Diego e Fort Worth.

Insomma era uno che certamente sapeva il fatto suo.

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Va ricordato che Widmer inizio’ a lavorare all’embrione dell’F-16 in gran segreto e senza informare i vertici della General Dynamics in quanto questi ultimi ritenevano che un aereo del genere non avrebbe avuto mercato.

Su un articolo apparso sul New York Times del 2 Luglio 2011 viene peraltro riportato:

Mr. Widmer later defied his bosses by secretly pushing ahead on the F-16, a lightweight fighter, even though there seemed to be no market for it, Mr. Chaput said. Mr. Widmer hid prototypes in hangars. Several years later, the Pentagon decided it wanted such a fighter, and General Dynamics, thanks to Mr. Widmer’s surreptitious efforts, was ready.

[…] Having been initially threatened with dismissal for insubordination, Mr. Widmer was instead promoted to vice president for science and engineering for all of General Dynamics.

Nota: Mr. Chaput sarebbe Armand J. Chaput, altro ingegnere presso la General Dynamics, oggi professore all’Universita’ del Texas in Austin.

Bene. Ora veniamo ad un altro personaggio chiave del team di designer del Falcon: Harry Hillaker, conosciuto anche come il “Padre dell’F-16”

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Come Widmer e Chaput, anche Hillaker all’epoca lavorava alla Convair Aerospace Division of General Dynamics di Fort Worth (Texas), e precisamente con la qualifica di vice-capo ingegnere del programma Lightweight Fighter (ossia il Model 401, precursore dell’YF-16). Insomma era il numero due subito dopo Widmer. Verso la fine degli anni sessanta Hillaker entro’ a far parte della Fighter Mafia, come peraltro ha ricordato lui stesso in un’intervista rilasciata nel 1991 a Code One (la rivista ufficiale della Lockheed):

 The group had three core members: John Boyd, Pierre Sprey, and me. We were given the “mafia” title by people in the Air Force back in the mid-60s. We were viewed as an underground group that was challenging the establishment. We were a threat of sorts.

Hillaker diceva di Widmer:

“Bob Widmer, GD’s Vice President of Engineering in Fort Worth, was my mentor for much of my career. I learned a lot from him. He had vision and encouraged free thinking. He is one of those guys with a lot of curiosity. He was always asking why.”

L’ufficio storico della Locheed Martin ricorda cosi’ Hillaker:

Harry Hillaker deserves much of the credit for this revolutionary approach to fighter design. You might say that the F-16 began as a spare-time project for this veteran designer. Back in the mid-1960s, Hillaker spent his off hours designing the plane of his dreams – a lightweight, high-performance jet that could fly circles around all other fighters. His spare-time project turned into an obsession.

Di Pierre Sprey viene spesso detto che e’ un progettista aeronautico qualificato. In realta’ le cose non stanno proprio cosi’, ed e’ lui stesso a dirlo:

“I went to Yale on a five year program doing a major in French literature and mechanical engineering oriented to aeronautical engineering, which is basically what I wanted to do. I wanted to become an airplane designer.

I worked summers at Grumman Aircraft from the time I started college and continued to work for them all the way through graduate school as a consultant and as a summer student. By my last year at Grumman, I’d decided I didn’t want to become an airplane designer because the road to getting there was too long.

At the same time, I fell under the influence of a bunch of mathematicians there. I became really fascinated with probability and statistics. So I went to Cornell for my graduate work and took probability and statistics and operations research.”

 [Fonte]

Quindi siamo sempre alle solite: non fatevi ingannare dai semplicismi e dai proclami di giornalisti e giornalai. E quando sentite  qualcuno dire che Sprey ha disegnato a manina il Falcon, ricopritelo di pernacchie 🙂

Saluti!
A.

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