Articoli con tag “guerra del vietnam

[NEW VIDEO] 1-9th Cavalry Vietnam War Music Video (“Fools to the City”)

Video musicale montato domenica scorsa e caricato ieri su YouTube. “Fools to the City”. Perche’, come cantavano i Foghat: “I ain’t no country boy, I’m just a homesick man, air pollution here I come!”. Riprese effettuate in buona parte al campo base del 1° Squadrone, 9° Cavalleria nei primi anni ’70.


[PDF] The SA-2 and Wild Weasel – the nature of technological change in military systems

Il doGumenDo che vi presento oggi e’ in pratica una tesi in cui viene discusso l’impiego e le prestazioni del missile SAM di fabbricazione Sovietica SA-2 Guideline e l’impatto dei velivoli Wild Weasel nelle operazioni oggi note come SEAD (Suppression Enemy Air Defense). Ovviamente il periodo storico e’ la Guerra del Vietnam e piu’ in generale le operazioni aeree in Asia Sudorientale.

Suddetta tesi e’ stata pubblicata nel 1994 dall’allora Capitano Patrick K. Barker (USAF) presso la Lehigh University in Bethlehem, Pennsylvania.

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Bird Dogs – FAC, Guts and Guns

“They dropped the ordnance right in our laps—but that’s exactly where we wanted it.”

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Ci sono poche categorie di piloti militari che si sono guadagnati la mia stima piu’ di quelli dei piccoli aerei da osservazione, ed in particolare i Forward Air Controller, meglio noti come FAC. Voglio dire, bisognava avere non solo palle e nervi di acciaio, ma anche una certa dose di masochismo per volare a bassa quota sopra al campo di battaglia su “trabiccoli” di latta a velocita’ simili alle giardinette dei nostri nonni. Del resto, si parla pur sempre di aerei da turismo militarizzati: una verniciatura verde o grigia, una radio e via, pronti per il fronte, non importa se a St. Lo, Chosin o Ia Drang.

L’ultimo massiccio impiego di questi bistrattati velivoli risale al conflitto nel Vietnam. Nel Sud Est Asiatico le forze USA si servirono di velivoli FAC sin da prima che i Marines sbarcassero “ufficialmente” in quel di Da Nang nel Marzo 1965. Per anni il modello simbolo di questa specialita’, essenziale e al tempo stesso poco glamour, e’ stato il Cessna O-1 Bird Dog. Aviazione, Esercito e Marines lo utilizzarono sino ai primi anni settanta, quando decisero di soppiantarlo con aeromobili piu’ moderni, veloci e avanzati, come l’O-2 Skymaster, l’OV-10 Bronco e l’F-100F Super Sabre (Misty FAC).

Iniziamo questo lungo speciale spendendo prima di tutto due parole sugli utilizzatori.

SNOOPY GOES AT WAR

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usafgifL’USAF entro’ in guerra completamente impreparata nel campo dell’Airborne FAC. Le ultime unita’ vennero infatti disciolte dopo il conflitto in Corea, lasciando oneri e onori a U.S. Army e Marine Corps. Preso dolorosamente atto della situazione che si stava delineando in Vietnam, la riluttante Air Force, in pieno marasma da Guerra Fredda, e reduce dalla Crisi Cubana, decise finalmente di ricostituire reparti di volo specializzati nel controllo aereo avanzato. L’aviazione, in effetti, disponeva di congruo numero di FAC a terra (Ground FAC o GFAC) assegnati all’esercito, ma data la particolare natura e conformazione del terreno, contraddistinto da foreste, fitta vegetazione ed ampi territori dominati da altipiani e montagne, i GFAC avevano giocoforza un campo di visione limitato che in talune occasioni impediva loro di dirigere con efficacia (e sicurezza) gli attacchi aerei in prossimita’ di truppe amiche e/o alleate (i ground FAC, per la cronaca, si muovevano su jeep M151 appositamente allestite con apparati radio multifrequenza (FM, UHF, VHF e HF) noti come MRC-107/108).

Tutto ebbe inizio nel 1963, quando l’USAF costitui’ la prima scuola FAC per O-1 presso lo Special Air Warfare Center (SAWC) di Hurlburt Field, in Florida. L’aviazione sulle prime ottenne dall’esercito circa due dozzine di O-1 Bird Dog per l’addestramento dei FAC e degli Air Commando inquadrati nel programma di assistenza militare denominato Farm Gate. Nei successivi due anni arrivarono molti altri Bird Dog, ottenuti ancora volta grazie all’esercito ed assegnati a nuovi reparti denominati Tactical Air Support Squadron (TASS). Il primo di questi, il 19th, venne costituito a Bien Hoa Air Base nel Luglio 1963, mentre a Settembre sorse un distaccamento addestrativo FAC all’aeroporto di Tan Son Nhut, appena fuori Saigon.

Erano tempi davvero duri. Tanto per dire, l’Aeronautica aveva un tale disperato bisogno dei piccoli O-1, che li ando’ a raccattare anche alla scuola di volo dell’U.S. Army di Fort Rucker (Alabama) e persino nel relativo museo, dove giaceva un esemplare da esposizione con la fusoliera accorciata di 15 cm! Questi aerei finirono per essere ricondizionati dalla casa madre, allestiti come FAC e quindi consegnati all’aviazione. L’imperativo era darsi da fare e in fretta. E mentre il numero di piloti FAC richiesti dai comandi cresceva di mese in mese, Hurlburt diventata sempre piu’ stretta e affollata, tanto che nel 1965 il programma addestrativo trasloco’ a Holley Strip, un’austera pista d’atterraggio (outlying field) della marina che si trovava a una ventina di km da Hurlburt. Le attivita’ a Holley – soprannominata FAC Factory – erano cosi’ frenetiche che venne classificata come 13° air terminal piu’ attivo del mondo per numero di decolli e atterraggi.

Gli sforzi profusi portarono ad un notevole incremento dei piloti formati, che passarono dagli appena 36 del 1964, ai 655 del 1967.

Nel frattempo in Vietnam le regole d’ingaggio continuavano di fatto a limitare fortemente l’intervento del personale statunitense. Vale infatti la pena di menzionare che all’epoca solo i piloti FAC e gli osservatori Sudvietnamiti a bordo di aerei pilotati da Americani potevano effettivamente marcare i bersagli per gli aerei da combattimento. Le cose cambiarono in qualche modo con la Risoluzione del Golfo del Tonchino (1964) e sopratutto con l’arrivo delle prime truppe regolari statunitensi in Vietnam e la conseguente “americanizzazione” del conflitto avvenuta nella meta’ degli anni sessanta. Proprio in quel periodo il Congresso autorizzo’ il Generale William Westmoreland – allora a capo del MACV (Military Assistance Command Vietnam) –  all’impiego diretto di aerei statunitensi nel caso l’aeronautica Sudvietnamita non fosse stata in grado di rispondere in tempo e con mezzi adeguati alle necessita’ tattiche.

Non solo, nel marzo 1965 Westy stabili’ anche un programma joint (U.S. Army, USAF e VNAF) per la ricognizione visuale a livello di Corps. Ognuno dei quattro Corps (I, II, III e IV) venne suddiviso in settori che venivano regolarmente battuti dai Bird Dog delle tre forze armate. Oddio, “regolarmente” e’ una parola grossa, visto che con il passare del tempo furono sempre meno gli O-1 disponibili a svolgere tale attivita’. Ad esempio l’U.S. Army, dovendo dare la priorita’ alla ricognizione sul campo di battaglia e alle missioni di aggiustamento del tiro dell’artiglieria, non poteva disporre di molte macchine da assegnare alla ricognizione a livello di Corps. Capitava cosi’ che certe aree e settori venissero trascurati piu’ di altri, se non addirittura ignorati. Le risorse, dopotutto, non erano illimitate, mentre i compiti e il carico di lavoro sembravano aumentare di giorno in giorno.

IL QUINTETTO TASS

Alla fine del 1965 l’USAF disponeva in Vietnam di 500 velivoli e 21 mila uomini, dislocati in otto grandi basi aeree. Di riflesso, anche la specialita’ del controllo aereo avanzato crebbe in modo sensibile. A partire dall’anno seguente nel Sud Est Asiatico risultavano operativi cinque squadroni TASS: il 19th, il 20th, il 21th, il 22nd e il 23rd, tutti dipendenti dal 504th Tactical Air Support Group (TASG) acquartierato presso la base aerea di Bien Hoa.

I primi quattro TASS erano assegnati a ciascuno dei quattro Corps Tactical Zone (CTZ) del Vietnam del Sud:

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Il 23rd, a differenza dei primi quattro, aveva il quartiergenerale in Thailandia, e precisamente a Nakhon Phanom RTAFB. Questo reparto si occupava essenzialmente nell’appoggio delle operazioni di interdizione in Laos lungo il famigerato Sentiero di Ho Chi Minh. Il 23rd cesso’ le attivita’ solo nel Settembre 1975, buon ultimo fra tutti i TASS sorti durante il conflitto.

Nel 1966 l’USAF inauguro’ anche una Theater Indoctrination School (TIS) a Binh Thuy (1st Det., 504th TASG), che accoglieva i nuovi FAC e li istruiva da un punto di vista teorico e pratico sui loro compiti e reponsabilita’, oltre ad occuparsi dei programmi di addestramento e transizione.

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I Tactical Air Support Squadron operavano da grandi basi aeree che ospitavano il quartiergenerale ed i reparti amministrativi e di supporto. Queste erano note come MOB o Main Operating Base. Nella pratica, pero’, aerei ed equipaggi venivano continuamente rischierati nelle cinquanta e passa basi avanzate sparpagliate in tutto il Vietnam del Sud e conosciute come Forward Operating Location (FOL). Ad esempio il 20th TASS, durante la sua permanenza nel Vietnam del Sud, invio’ distaccamenti operativi nelle FOL di Khe Sanh, Kham Duc, Hue/Phu Bai, Quang Ngai, Dak To, Kon Tum, Pleiku e numerose altre localita’.

I rischieramenti dipendevano dalle attivita’ operative delle unita’ terrestri che i TASS supportavano. Del resto, andrebbe anche fatto presente che il ricorso delle FOL era in buona parte legato alla lentezza dell’O-1, che poteva impiegare anche una buona mezz’ora per raggiungere reparti di terra distanti appena 45 miglia (72 km).

Gli impegni assunti dai TASS erano mastodontici, e causarono un attrition rate ai limiti del preoccupante. In totale il 504th Tactical Air Support Group e i suoi cinque TASS si ritrovarono ad appoggiare qualcosa come 10 divisioni, 34 brigate e 119 battaglioni, piu’ gli innumerevoli reparti speciali operanti in Vietnam, Laos e Cambogia.

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Il Big Army aveva una lunga e onorata tradizione in fatto di aerei leggeri da osservazione, e una notevole esperienza alle spalle, accumulata prevalentemente durante la II Guerra Mondiale e la Corea. La U.S. Army Aviation era una specialita’ bene equipaggiata e all’avanguardia, sia da un punto tecnologico, che dottrinale, sebbene negli anni sessanta aeroplani come il Bird Dog non fossero piu’ la punta di diamante della flotta. L’elicottero era diventato la hot thing ed il conflitto in Vietnam non fece altro che sottolineare il fatto che i monomotore da osservazione avessero oramai i giorni contati. Gia’ nel Maggio 1962, la influente e popolare rivista Flying scriveva in merito alla nuova aviazione dell’esercito:

the Cessna L-19 Bird Dog stands ready to retire, with honors, in deference to the upcoming light observation helicopter“.

A dispetto di cio’, i reparti leggeri ad ala fissa in Vietnam continuarono a volare come se non ci fosse un domani, distinguendosi per coraggio e professionalita’ nei compiti piu’ disparati.

L’U.S. Army, che fu in assoluto il maggior utente di Bird Dog (ben 1700 nei primi anni ’60), schiero’ in Vietnam non meno di undici Reconnaissance Airplane Company o RAC (21st, 73rd, 74th, 183rd, 184th, 185th, 199th, 203rd, 219th, 220th e 221st), la prima delle quali – la 73rd – giunse in Vietnam nel Giugno 1963 in appoggio agli elementi del MAAG, Vietnam (Military Assistance Advisory Group, Vietnam) e quindi a supporto alle divisioni dell’Esercito Sudvietnamita (ARVN).

Ogni RAC consisteva in una sezione comando, un plotone servizi, quattro plotoni Bird Dog, una sezione manutenzione e una rifornimenti. Ogni compagnia era equipaggiata con 32 velivoli, anche se in realta’ le macchine disponibili erano spesso in numero inferiore a quanto indicato dalla TO&E (Table of Organization and Equipment).

Sul piano organizzativo, gli O-1 erano assegnati ai plotoni (8 aerei ciascuno), a loro volta suddivisi in sezioni sparse in piu’ localita’ (in genere nello stesso Corps nel quale si trovava l’HQ o comunque nei pressi delle unita’ da appoggiare).

Inutile dire che aerei ed uomini non furono mai abbastanza, visto che ciascuna RAC poteva arrivare a supportare anche piu’ divisioni. Per farvi capire un po’ meglio la mole di lavoro di queste unita’, passo la parola ai veterani della 74th RAC:

This unit supported the U.S. 1st Infantry Division, 9th Infantry Division, the 5th ARVN and 18th ARVN Divisions along with free world allied forces and long range reconnaissance patrols. We also supported U.S. Navy Riverine operations (Swift Boats) on the Saigon river, in the Rung Sat Special Zone South of Saigon and the large fuel farm at Na Be.

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Come gia’ menzionato, la scuola di volo dell’esercito si trovava a Fort Rucker, nel Sud dell’Alabama. Il corso per piloti ad ala fissa dell’esercito si concludeva dopo aver completato l’addestramento primario ed avanzato a bordo dell’O-1 (Fasi A e B) e infine quello strumentale (Fase C) sul Piper Comanche e/o De Havilland L-20 Beaver. Le Fasi A e B si tenevano nella stessa Fort Rucker, mentre nella Fase C gli allievi si trasferivano a Post Army Airfield, un piccolo aeroporto situato a Fort Sill, in Oklahoma (sede, fra l’altro, della Field Artillery dell’U.S. Army). Conclusa la scuola di volo, e ottenute le ali di Army Aviator, il neo-aviatore veniva infine assegnato a uno dei tanti reparti di volo ad ala fissa dell’esercito.

usmarinegif I Marines – che durante la guerra operarono principalmente nel I Corps – arrivarono in Vietnam nell’Aprile 1962 con l’HMM-362, prima unita’ di aviazione dell’USMC a compiere voli operativi nel Sud Est Asiatico. Mentre questo squadron era formato principalmente da elicotteri da trasporto UH-34, esso incorporava anche un mini distaccamento di due aerei leggeri da osservazione e collegamento OE-1 Bird Dog (ridesignato O-1B nel Settembre 1962) appartenenti al VMO-2 (Marine Observation Squadron Two). In seguito un secondo distaccamento – questa volta composto da quattro  aerei – raggiunse la affollata base di Da Nang.

I Marines sulle prime impiegarono gli elicotteri UH-1E Huey per individuare e marcare i bersagli, ma a partire dal 1967 (e con un certo ritardo) essi riconobbero il valore del Bird Dog quale piattaforma FAC. Nel 1968 il VMO-6, storico reparto che allora volava con i gia’ menzionati UH-1E, decise di passare ad una componente aerea completamente ad ala fissa, sostituendo gli Huey con un mix composto da O-1C Bird Dog II (ex OE-2) e  O-1G ex-U.S. Army, oltre ad una aliquota di modernissimi bimotori OV-10 Bronco.

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Il Bird Dog II era una interessante e al tempo stesso semisconosciuta versione specificamente progettata per il Corpo dei Marines e prodotta in soli 27 esemplari fra il 1955 e il 1956.

Noto per essere il piu’ potente e avanzato della famiglia, l’O-1C si differenziava dai predecessori per una fusoliera ridisegnata e la presenza di una nuova ala (del Cessna 180) e un nuovo stabilizzatore verticale. Il propulsore era un Continental TSO-470-2 con turbocompressore erogante ben 265 hp (contro i 213 degli O-1 di USAF e Army). Queste migliorie incrementarono prestazioni e carico utile, sebbene il turbocompressore si dimostro’ nei fatti piuttosto rognoso.

I Bird Dog dei Leathernecks servirono fino al 1969, quando vennero completamente rimpiazzati dai piu’ capaci Bronco ed infine ritirati dal Vietnam.

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RAVENSWE poi c’erano i Ravens. E qui si entra in pieno territorio Black Ops. Chi erano costoro? Sostanzialmente FAC assegnati alle missioni clandestine nel Laos, dove gli americani tecnicamente non potevano operare con forze militari terrestri in ottemperanza agli Accordi di Ginevra (1962), che sancirono  la neutralita’ di quel paese. Inutile dire che i Nordvietnamiti se ne sbattevano le palle dei gia’ detti accordi, visto che stabilirono lungo tutto il Laos rotte di infiltrazione e  rifornimento (cfr. il Sentiero di Ho Chi Minh) che portavano ai santuari in Cambogia e/o dritte al Vietnam del Sud, dove operavano i guerriglieri Viet Cong. A partire dalla seconda meta’ degli anni cinquanta, gli USA decisero dunque di intervenire dando il via ad una guerra segreta combattuta a terra da forze indigene guidate dalla CIA, e dall’aria a suon di milioni di tonnellate di bombe. In quest’ultimo caso, il permesso di condurre operazioni di interdizione sul Sentiero fu autorizzato dal governo laotiano nel 1964.

Due furono le principali operazioni attuate dagli Americani: STEEL TIGER, che si occupava appunto delle missioni di interdizione nel Sentiero, e BARREL ROLL, comprendente tutte le attivita’ di CAS e interdizione a supporto delle forze laotiane che combattevano i Comunisti nel Laos Settentrionale.

Ovviamente anche laggiu’ c’era bisogno dei controllori aerei avanzati, e a questo proposito fu costituita un’unita’ speciale clandestina di FAC incaricata, fra le altre cose, di dirigere gli attacchi aerei contro le forze Nordvietnamite che occupavano o attraversavano il Laos. I Ravens erano piloti FAC con alle spalle almeno sei mesi di esperienza nel Vietnam del Sud, che l’USAF aveva temporaneamente posto in congedo. Si trattava a tutti gli effetti di civili (con tanto di documenti e permessi) che operavano nel Laos indossando abiti borghesi. Ogni nuovo pilota arrivava con una storia e un background inventati di sana pianta che serviva a coprire la propria presenza in quel paese dimenticato da Dio.

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I Bird Dog dei Ravens in genere non portavano segni di riconoscimento, anche se in taluni casi volavano con contrassegni della Reale Aeronautica Laotiana. Le operazioni logistiche, amministrative e di manutenzione venivano svolte grazie all’appoggio della CIA e di personale indigeno. La maggiorparte dei Ravens stazionava presso l’aviosuperficie di Long Tien (anche detta Lima Site 98 o Lima Site 20), nel Laos Nordorientale.

Volare come FAC nel Laos era in assoluto fra i mestieri piu’ rischiosi nel Sud Est Asaitico. Gli equipaggi di Bird Dog, in particolare, soffrirono perdite elevatissime a causa del’alto numero di mitragliatrici e pezzi di artiglieria contraerea sistemati lungo il Sentiero di Ho Chi Minh. Particolarmente temute erano le concentrazioni di cannoni da 37mm.

A dare manforte a questo sparuto gruppo di temerari, c’erano gli equipaggi del 23rd e del 20th TASS (Covey FACs).

Oltre che con i Bird Dog, i Ravens volavano anche con gli U-17 Skywagon e i T-28 Trojan (vedi seconda foto in alto).

Gli statunitensi, comunque, non furono gli unici a volare nei cieli dell’Asia Sudorientale con questa “pulce” dei cieli. Vediamo insieme quali furono gli altri utenti dell’O-1.

200px-Flag_of_South_Vietnam.svgVIETNAM AIR FORCE (VNAF) – Aeronautica Militare Sudvietnamita

Non ci volle molto prima che l’Aeronautica Sudvietnamita adottasse l’O-1 per sostituire gli oramai anziani Morane-Saulnier MS.500 Criquet. Ben otto squadron da collegamento e osservazione (Liaison/Observation Squadron) ebbero questo aeroplanino: il 110th (Da Nang), 112nd (Tan Son Nhut), il 114th (Da Nang), il 116th (Nha Trang), il 118th, il 120th, il 122nd e il 124th.

Nel quadro del programma di assistenza militare, alla fine del 1963 l’USAF stabili’ a Nha Trang un centro per l’addestramento e la formazione di piloti e personale della manutenzione destinato agli O-1. I Bird Dog Sudisti operarono per oltre un decennio fino agli ultimi giorni del conflitto, quando nella tarda primavera del 1975 furono rilevati dalla Không quân Nhân dân Việt Nam, ossia la componente aerea del vittorioso Esercito Popolare del Vietnam. Per il fragile “cessnino” si concludevano cosi’ quasi 14 anni ininterrotti di impiego bellico nel Sud Est Asiatico.

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O-1 Bird Dog dell’Aeronautica Sudvietnamita Source: Tommy Japan @ Flickr

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ausflag161 Recce Flight “Possum” Australian Army Aviation Corps – Aviazione dell’Esercito Australiano

Il 161 era un reparto di volo di aviazione dell’esercito che volava sia con aerei leggeri (Cessna 180 e Pilatus Porter), che con elicotteri (Bell 47 e OH-58A). Questa unita’ si servi’ inoltre di un paio di Bird Dog presi in prestito dall’U.S. Army, piu’ un terzo (denominato Bunny II) ottenuto da carcasse e parti di altri O-1. Le macchine noleggiate dagli americani mantenevano colorazione, matricole e insegne originali; l’unica personalizzazione era costituita da un piccolo canguro bianco dipinto nel muso e in coda. Il campo base si trovava a Luscombe Airfield, vicino Nui Dat.

Per info piu’ dettagliate vi consiglio di visitare questa pagina:  http://www.161recceflt.org.au/UnitAircraft/Birddog/birddog.htm

Per quanto riguarda invece la Royal Australian Air Force (RAAF), essa non operava in Vietnam con propri Bird Dog, ma alcuni piloti volarono in programmi di scambio con macchine dei TASS dell’Aeronautica USA. I piloti australiani mostrarono immediatamente le loro abilita’, effettuando rischiose missioni sia a supporto della RAAF (No 2 Squadron), sia degli alleati statunitensi. Uno di questi aviatori, tal Garry Cooper, fu addirittura proposto per la Medal of Honor, la massima onorificienza militare statunitense. Qui di seguito e’ possibile vedere un breve filmato di uno dei FAC Australiani che servirono in Vietnam, il Wing Commander Anthony Powell:

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skflag  Republic of Korea Army (ROKA) – Esercito della Corea del Sud

La Divisione di Fanteria Tiger dell’esercito Sudcoreano schierava un Aviation Group composto da diversi velivoli fra cui O-1 Bird Dog. 

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Royal Lao Air Force (RLAF) – Aeronautica Militare del Regno del Laos

Fra il 1955 e il 1975 l’Aeronautica Laotiana ricevette fra i 15 e 20 Bird Dog in compiti di osservazione, ricognizione e collegamento.

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Come gia’ accennato, nella US Air Force gli O-1 erano in primis impiegati nel Forward Air Control (FAC) a supporto delle unita’ terrestri dell’U.S. Army. Durante le missioni di supporto tattico ravvicinato, i controllori aerei avanzati fungevano da vero e proprio tramite fra le forze di terra (es. unita’ di fanteria) e i fast mover, ossia i cacciabombardieri (F-100, F-4, F-105) e gli altri aerei d’attacco (A-1, A-4, A-37).

Il compito primario dei FAC era dunque quello di coordinare gli attacchi aerei nelle missioni di Close Air Support (CAS) e Troop In Contact (TIC). Tali missioni includevano, ovviamente, la ricerca dei bersagli e persino l’utilizzo del proprio aereo per attirare il fuoco nemico al fine di portarlo allo scoperto.

Una volta individuato l’obiettivo da colpire, questo veniva segnalato al comando e immediatamente marcato con razzi da 70mm al fosforo bianco, noti in gergo come Willie Pete (da WP, White Phoshorus), oppure, piu’ raramente, da granate fumogene M18 o M34 lanciate dai finestrini. (nella foto in basso e’ ritratto un O-1 durante il lancio di un razzo WP contro un bersaglio da “dare in pasto” a un F-100).

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Quando i piloti dei cacciabombardieri avvistavano il pennacchio di fumo, chiedevano dapprima l’autorizzazione al FAC (perennemente in contatto con l’omologo a terra e la fanteria), e infine sganciavano i carichi bellici (bombe a caduta libera, napalm e razzi).

In ogni caso gli elementi a terra erano sempre parte attiva dell’intero processo, come peraltro sottolinea il Colonnello Joseph R. Stoner in “The Closer, The Better” (Air University Review, 1967), in relazione alla Campagna di Ia Drang (Novembre 1965):

The airborne FAC would mark targets and accomplish the final control of the fighter strike. This tactic worked extremely well. Both forward air controllers remained in radio contact at all times. The one on the ground, working with his Army fire support coordinator, would make final adjustments of his mark prior to releasing the fighters to strike. This was vitally important because close air support required by U.S. Army units had to be extremely accurate. It was necessary to place ordnance on targets within 50 yards of our troops during much of the combat action. This could not have been possible in the jungle environment, with no visual front lines or perimeters separating friendly and enemy troops, without the closest possible coordination between the FAC’s. There was no room for error.

Parlando invece di quote operative, queste variavano generalmente dai 60 ai 5000 piedi (18-1500 mt).

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Gli O-1 dell’USAF imbarcavano solitamente il solo pilota; tuttavia, in talune occasioni, era presente anche un osservatore, sistemato nel seggiolino posteriore. Gli Airborne FAC provenivano di norma dai reparti caccia dell’aviazione tattica, in modo che essi potessero comprendere le capacita’, i limiti e le problematiche inerenti le missioni di attacco al suolo e di Close Air Support.

Oltre alle mansioni di controllo aereo avanzato, i piloti di Bird Dog dell’aviazione si occupavano anche della ricognizione visuale. Dopotutto, se l’abilita’ primaria di un FAC era quella di dirigere con precisione gli attacchi aerei ed inibire, quindi, i movimenti del nemico, e’ altrettanto vero che quest’ultimo andava prima individuato. E non era un compito facile perche’ Charlie, oltre ad avere il vantaggio di giocare in casa, e quindi di conoscere il terreno a menadito, possedeva un innato talento nel nascondere le proprie tracce quando si spostava. Per questo i FAC dovevano conoscere intimamente l’area in cui operavano ed annotare le abitudini del nemico, cosi’ come ogni dettaglio e movimento sospetto. Inutile dire che per fare cio’ era necessaria una costante ed accurata ricognizione aerea, attivita’ che poi arrivava ad occupare fino al 60% delle ore di volo dei FAC.

Benche’ appartenenti all’USAF, i FAC vivevano e lavoravano a stretto contatto con i colleghi dell’esercito nelle gia’ menzionate Forward Operating Location (FOL). Essi prendevano ordini da ufficiali dell’aviazione conosciuti come Air Liasion Officer (ALO), che nella stragrande maggioranza di casi erano anche Ground FAC. Il quartiergenerale di ogni divisione dell’esercito americano ospitava solitamente un ALO con la funzione di consigliare il comandante generale sulle esigenze quotidiane di supporto aereo e il tipo di munizionamento appropriato per ogni missione. L’ALO era inquadrato in un team divisionale che includeva anche un ufficiale alle operazioni e un paio di assistenti. Oltre a consigliare il comandante generale, il team divisionale ALO supervisionava la parte aerea delle operazioni condotte dalla divisione ed infine organizzava le missioni di ricognizione visuale con lo scopo di assicurare informazioni di prima mano.

Sotto il livello divisionale, ciascuna brigata schierava un Tactical Air Control Party (TACP) che si componeva di un Brigade Air Liaison Officer (BALO), il suo assistente e tre Forward Air Controller. Il TACP lavorava a stretto contatto con l’Air Support Officer di brigata (S-3) al fine di pianificare e coordinare il supporto aereo per la brigata stessa. Il BALO ed il suo staff seguivano le operazioni dei battaglioni della brigata e spesso fungevano da controllori aerei avanzati o consiglieri per i comandanti di battaglione. Ogni battaglione aveva assegnati uno o piu’ raramente due FAC.

Questo genere di attivita’ poteva avere successo solo se i liaison officer e i FAC erano al corrente di ogni dettaglio dei piani elaborati dai comandanti di terra. Ad esempio, era necessario conoscere le unita’ partecipanti, i nomi in codice, le frequenze, i piani dell’artiglieria campale, i probabili itinerari delle forze terrestri che avanzavano e il tipo di azioni che queste ultime avrebbero compiuto. Solo attraverso la conoscenza dettagliata delle operazioni terrestri gli ALO sarebbero stati in grado di consigliare correttamente i comandanti di terra sul tipo di attacco aereo e sull’armamento di lancio e di caduta piu’ appropriati. Last but not least, era essenziale coordinarsi con il fuoco dell’artiglieria campale, onde evitare di finire fra il tiro di obici e cannoni, come capito’ allo sfortunato equipaggio di un Caribou USAF a Duc Pho nel 1967.

Concluso l’attacco, il FAC sorvolava l’area colpita per condurre il rituale battle damage assessment, ossia verificava l’esito dell’incursione aerea: danni, obiettivi colpiti e cosi’ via.

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Con il passare del tempo i compiti dei FAC dell’USAF si ampliarono fino a comprendere missioni di copertura aerea e scorta durante i movimenti di grossi convogli militari e di truppe, operazioni di guerra psicologica (es. lancio di volantini) e ovviamente il supporto alle operazioni speciali. Sfortunatamente i FAC non erano mai abbastanza, e a complicare ulteriormente le cose c’era il fatto che ognuno di essi doveva anche essere un pilota da caccia. Era essenzialmente un discorso di tempo materiale: per formare un pilota da caccia occorrevano quasi tre anni, a cui andavano aggiunti almeno dodici mesi di esperienza operativa. Si trattava, peraltro, di un incarico ad altissimo rischio, e quando un FAC con formazione da fighter pilot ci lasciava la pelle, erano anni di investimenti di tempo e danaro che se ne andavano improvvisamente in fumo. Per tacere dell’esperienza perduta. La sola USAF perse 178 Bird Dog durante il conflitto del Vietnam.

Ma era davvero necessario provenire dalla caccia? A questo proposito ci furono continui dibattiti fra sostenitori e contrari all’interno dell’Air Force, che pero’, in un modo o nell’altro, fece sempre il possibile per fornire – almeno all’esercito USA – FAC con qualifica di pilota da caccia e i canonici 12 mesi di esperienza.

Va pero’ detto che il mantenimento di tali standard non era talvolta giustificato. Ad esempio, i controllori che appoggiavano l’esercito Sudvietnamita (che erano parecchi, cfr. la tabella in basso) effettuavano per lo piu’ ricognizione visuale o voli di collegamento. Poche erano le missioni dedicate alla direzione degli airstrike e, di conseguenza, l’essere o meno pilota da caccia cambiava poco. Anche durante i voli in appoggio alle missioni di interdizione nel Laos, caratterizzate dalla scarsissima presenza di truppe amiche e di civili, potevano essere usati “comuni” FAC senza troppi rimpianti.

Ecco perche’ l’USAF ad un certo punto stabili’ due distinte qualifiche AFSC (Air Force Speciality Code) per differenziare le categorie di FAC: l’AFSC 1444A e l’AFSC 1444B. Nella prima rientravano i piloti con esperienza nella caccia tattica, mentre nella seconda tutti gli altri (ossia piloti di ricognitori, aerei da trasporto ecc). In soldoni, ai reparti dell’U.S. Army veniva assegnato personale con la 1444A, mentre ai reparti Sudvietnamiti e alle operazioni fuori dal Vietnam (Laos e Cambogia), ci finivano i FAC con la 1444B.

Data la difficolta’ nel reperire piloti con la qualifica 1444A, dal 1968 al 1969 l’USAF fu comunque costretta ad assegnare anche all’U.S. Army un certo numero di piloti con la 1444B, a patto pero’ che questi provenissero dai reparti che operavano nel Laos e che avessero almeno tre mesi di esperienza. A dispetto di cio’, l’USAF riusci’ nell’impresa di incrementare il numero di FAC disponibili per le operazioni nel Sud Est Asiatico. Fra il 1964 e il 1967 la percentuale media di posti FAC occupati si aggirava attorno al 70%, mentre nel Giugno 1968 questa sali’ all’83.4%, ovvero 660 FAC reperiti su un fabbisogno di 791.

Qui di seguito potete vedere la tabella requisiti per il mese di Novembre 1968 (Nota: le parti in rosso sono mie)

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Dal’autunno 1966 al Marzo 1968 l’USAF avvio’ in Vietnam anche un programma di scambio fra reparti caccia e reparti FAC. Piloti di F-100 del 3rd TFW (Bien Hoa) e 35th TFW (Phan Rang) finirono, dopo aver completato il corso FAC a Binh Thuy, a volare su Bird Dog delle unita’ TASS. I piloti FAC, dal canto loro, ritornarono nuovamente nei cockpit dei caccia sui quali avevano iniziato la carriera. I risultati non furono granche’ incoraggianti, tant’e’ che le unita’ FAC  ricevettero solo 132 piloti, mentre ne persero altri 162, in parte finiti sui caccia, in parte ritornati negli States per le rotazioni e in parte caduti in azione o gravemente feriti.

ARMY DAWGS

Se nell’aviazione le operazioni FAC erano la ragion d’essere della flotta dei Bird Dog, per l’U.S. Army, al contrario, si trattava di un’attivita’ collaterale a cui si ricorreva, in genere,  quando gli asset dell’USAF non erano disponibili. Se non era possibile ricorrere nemmeno ai Bird Dog dell’esercito, potevano venire in soccorso le cannoniere Huey. Episodi simili si verificarono in alcune occasioni durante la prima meta’ degli anni sessanta, tant’e’ che fu proprio la 2d Air Division dell’USAF (che nel 1966 si trasformo’ nella mastodontica 7th Air Force) a dare ufficialmente il benestare. In casi del genere lo Huey imbarcava a bordo sia il FAC, che il capo della provincia per l’autorizzazione a far fuoco. In basso un team Hunter-Killer composto da un UH-1B gunship con lanciarazzi e un A-1E Skyraider.

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I Bird Dog dell’esercito svolsero anche voli FAC in appoggio agli elicotteri da combattimento AH-1G Cobra, anche di concerto con gli OH-13 e OH-6 (detti LOH o Light Observation Helicopter). Ad un certo punto vennero sperimentate anche tattiche coordinate fra FAC e LOH che amplificarono ulteriormente il teamwork fra Army e Air Force (vedere QUI).

Va altresi’ fatto presente che nell’esercito gli O-1 operarono in una moltitudine di altri compiti: dalla direzione e aggiustamento del tiro dell’artiglieria, alla ricognizione e osservazione, fino al collegamento e al rifornimento degli avamposti delle Special Forces (foto in basso).

SUPPLY

In effetti, delle undici compagnie di aviazione di Bird Dog che l’esercito schiero’ in Vietnam, solo una era specificatamente addestrata ed autorizzata alle operazioni FAC vere e proprie, ossia la 220th Reconnaissance Airplane Company, soprannominata ‘Catkillers’. Questa unita’, pur essendo organizzata e gestita dallo U.S. Army, dipendeva di fatto dalla 3a Divisione dei Marines. Il motivo di tale anomalia e’ presto detto: sebbene l’USMC schierasse un proprio reparto FAC (lo squadron VMO-6), la particolare intensita’ delle operazioni nel I Corps porto’ i leathernecks a chiedere aiuto ai colleghi dell’esercito, che disponevano di una numerosa e bene assortita aviazione leggera. I piloti della 220a Compagnia non solo erano autorizzati a dirigere gli attacchi aerei, ma avevano persino la qualifica di Tactical Air Coordinator (Airborne). Si trattava di un atipico caso che rifletteva, fra le altre cose, l’estrema serieta’ con cui il CAS veniva considerato dalle alte gerarchie dei Marines.

WHAT WE’VE GOT HERE IS FAILURE TO COMMUNICATE

Sebbene proggressivamente affinato nel corso del conflitto, il controllo aereo avanzato richiese qualche anno di “rodaggio” prima di trasformarsi in un “servizio” efficiente e collaudato. Apparentemente ogni forza armata aveva sviluppato un proprio modus operandi in materia di supporto di fuoco, benche’ il nodo centrale abbia in effetti riguardato innanzitutto due paroline magiche: coordinamento e centralizzazione. Mentre l’aviazione sosteneva fortemente il controllo centralizzato, esercito e Marines credevano, al contrario, che la decentralizzazione fosse fondamentale al fine di ottenere la massima flessibilita’ e rapidita’ d’intervento. Come se non bastasse, anche l’aeronautica Sudvietnamita (VNAF) setuiva la filosofia di U.S. Army e USMC.

In materia di coordinamento aria-terra, l’U.S. Army si serviva dell’Army Air-Ground System (AAGS), un dispositivo che processava e coordinava – ad ogni livello di comando – le richieste per il supporto di fuoco o la ricognizione. I comandanti di terra si servivano dell’AAGS per determinare il supporto di elicotteri gunship e artiglieria disponibili prima di richiedere il supporto aereo dell’aviazione. Ovviamente l’AAGS non conferiva abitualmente con l’Air Force.

A soffrirne fu il coordinamento fra i Fire Support Coordination System (FSCS) dell’esercito e il Tactical Air Control System (TACS) dell’aeronautica. Il coordinamento fra i vari sistemi era fondamentale non solo per offrire un supporto di fuoco puntuale, accurato e continuo, ma anche per mere ragioni di sicurezza. Esempio classico: nel corso delle operazioni terrestri l’FSCS era solito lanciare messaggi radio per avvertire gli aeromobili nelle vicinanze che la zona doveva essere lasciata sgombra. Capitava, pero’, che per problemi di ricezione (o intasamento delle comunicazioni) i FAC dell’USAF che operavano nella stessa area non ricevessero tali messaggi, e di conseguenza gli equipaggi rischiavano di finire sotto i colpi degli obici, oppure di scontrarsi in volo con altri aeromobili dell’esercito chiamati in appoggio.  Non so quale dei due fosse il modo migliore di andarsene, ma una cosa era certa: bisognava cambiare registro.

I Marines, dal canto loro, furono senza dubbio i piu’ cocciuti, nonche’ i piu’ restii a lasciare i propri asset aerei sotto la direzione e/o il controllo di altre forze armate, soprattutto nel caso dell’Air Force. Questo atteggiamento aveva a che fare con una poco felice esperienza maturata durante la Guerra di Corea. All’epoca i piloti dei Marines si lamentarono a piu’ riprese per la scarsa flessibilita’ dovuta al fatto che i loro aerei operavano sotto il controllo del Tactical Air Control System (TACS) della 5th Air Force. Da allora il Marine Corps si rifiuto’ categoricamente di lasciare i propri aeromobili sotto altri comandi. Per la cronaca, il supporto aereo del Corpo dei Marines in Vietnam era compito del 1st Marine Aircraft Wing (MAW), che arrivo’ a Da Nang nel 1965 con una potente flotta aerea, dominata da Phantom II, Crusader e Skyhawk.

La domanda sorge spontanea: chi aveva ragione?

Se durante i primi anni (1962-1965) la decentralizzazione era ancora tutto sommato accettabile, era chiaro che con il progressivo aumento delle truppe stanziate nel Sud Vietnam e l’intensificazione delle operazioni terrestri e di supporto aereo tattico, il ricorso ad un sistema piu’ centralizzato e ad un efficace coordinamento fra le varie forze armate era l’unica via percorribile.

Questa volta la parolina magica era teamwork.

I primi a capirlo furono quelli dell’esercito, e in modo particolare dopo alcuni infelici episodi capitati nel corso dell’Operazione Hawthorne (1-21 Giugno 1966), una vasta offensiva aeromobile tipo search and destroy avvenuta nella provincia di Kontum, fra gli altipiani centro-settentrionali del Vietnam del Sud. Regolari statunitensi contro regolari Nordvietnamiti.

In quella specifica occasione la reiterata carenza di coordinamento fra comandanti di terra, FAC e osservatori avanzati dell’artiglieria (FO) si fece sentire come raramente era accaduto sino ad allora. Questo causo’ gravi ritardi durante le missioni di fire support, e in molti casi proprio nel momento di bisogno. Capitava, infatti, che i FAC richiedessero la sospensione prematura del fuoco d’artiglieria, costringendo le truppe di terra ad attendere – per un tempo indefinito – il sopraggiungere delle incursioni aeree. Questa mancanza di coordinamento fra FAC e FO portava a rendere meno efficaci sia l’artiglieria, che gli attacchi aerei.

L’8 Giugno, tanto per citare un esempio, un plotone fu attaccato duramente mentre stava risalendo un crinale. Per ragioni non ben chiare, il CAS tardo’ ad arrivare, tanto che l’artiglieria decise di entrare in azione sparando una salva di colpi a meno di 100 metri dalle posizioni amiche. Poco piu’ tardi, una compagnia inviata a soccorso del succitato plotone, fini’ improvvisamente inchiodata dal fuoco nemico a 75 metri da quest’ultimo. Il nemico, con molta scaltrezza, si frappose fra le due forze amiche, impedendo cosi’ l’intervento dei cacciabombardieri.

Hawthorne fu una vittoria tattica per le forze USA, tuttavia i FAC non avevano ancora bene appreso le limitazioni del fuoco di supporto terrestre, mentre i comandanti di terra le priorita’ (e i tempi) del supporto aereo tattico. Proprio per questo l’Operazione Hawthorne viene da molti considerato come una sorta di turning point nelle relazioni fra USAF e US Army in termini di gestione del supporto di fuoco joint.

Dopo Hawthorne le cose iniziarono a girare per il verso giusto. Il FAC ora notificava all’osservatore avanzato dell’artiglieria quando i caccia stavano per entrare nella Target Area (TA). Lo stesso osservatore dell’artiglieria si preoccupava poi di segnalare agli aeromobili USAF la fine del fuoco d’artiglieria, ordinando alle batterie di obici di terminare l’attacco con un colpo al fosforo bianco (WP), in modo da offrire agli aerei da attacco anche un valido riferimento visivo. Oltre a questo, gli osservatori avanzati inziarono ad accompagnare i FAC durante le sortite di questi ultimi, non solo verificando con i loro occhi gli eventuali problemi di coordinamento fra il CAS dell’USAF e il fuoco di supporto dell’Army, ma dirigendo anche l’artiglieria.

Gli effetti di questo cambiamento non tardarono a manifestarsi. A partire dall’Operazione El Paso (19 Maggio – 30 Luglio 1966), gli elicotteri da combattimento dell’esercito e i caccia tattici iniziarono ad operare sempre piu’ frequentemente sotto la guida dei FAC. Durante El Paso il fuoco d’appoggio dell’esercito, unito all’intervento dei caccia causo’ al nemico gravi perdite.

Il teamwork si rivelo’ utile anche per contenere perdite nel caso di eventi disperati, come nel caso dell’evacuazione del campo delle Forze Speciali di Kham Duc, che il 1 Maggio 1968 venne pesantemente attaccato da elementi della 2a Divisione dell’Esercito Nordvietnamita. Indecisi fra il rafforzare le posizioni e l’evacuazione, alla fine gli Americani optarono (con un certo ritardo) col fare armi e bagagli. Per velocizzare le operazioni, un costante flusso di aerei da caccia colpi’ a ripetizione le postazioni nemiche attorno alla base, mentre aerei cargo ed elicotteri dell’esercito trasportavano gli assediati e i feriti fuori dal campo. Cio’ richiese uno stretto coordinamento interforze (spesso improvvisato), che comprendeva ovviamente anche il Direct Air Support Center (DASC) e i Forward Air Controller.

Il Tactical Air Control Party (TACP), sito al quartiergenerale dellAmerical Division (Chu Lai), conferiva continuamente con i FAC in orbita sopra Kham Duc, che a loro volta erano in contatto con il posto di comando volante, il DASC, il CH-47 C&C dell’esercito ed infine il quartiergenerale della stessa Americal. Il coordinamento permise, ad esempio, ai C-130 di scaricare e imbarcare truppe, mentre elicotteri dell’esercito e dei marines facevano la spola e i caccia colpivano a bassa quota le postazioni nemiche. Il tutto a poche centinaia di metri gli uni dagli altri e in presenza del fuoco contraereo Nordvietnamita. Fu un compito estremamente rischioso, tanto che nel corso dell’evacuazione ben nove aerei ed elicotteri andarono perduti, inclusi due C-130 e un CH-47.

A questo proposito il Ten. Generale Raymond B. Furlong (USAF) disse durante un’intervista:

“During most of 12 May 1968 the sky was full of helicopters, forward air controller aircraft, transports and fighters, all striving to succeed and to avoid running into each other in what were most trying circumstances. In the end they carried the day, though by the narrowest of margings and with heavy losses.”

Il campo di Kham Duc fu in seguito occupato dalle vittoriose truppe Nordvietnamite, salvo poi essere raso al suolo da una massiccia incursione di B-52.

Le forze USA e Sudvietnamite, sebbene sconfitte, lamentarono poche decine di caduti, un bilancio che sarebbe potuto essere ben peggiore se le forze armate non avessero collaborato  fra loro durante le operazioni di evacuazione con prontezza, decisione e spirito d’iniziativa. A dispetto di cio’, il sistema di comando e controllo dell’USAF fu soggetto a numerose critiche, mentre il potere aereo, nonostante i successi ottenuti in importanti operazioni come la NIAGARA, dimostro’ ancora una volta che non poteva essere la panacea contro tutti i mali.

Problemi di rivalita’ interforze non mancarono mai, raggiungendo forse l’apice proprio durante la summenzionata Operazione NIAGARA (Gennaio-Marzo 1968), nome in codice della campagna aerea messa in atto dalla 7th Air Force per fornire supporto aereo ravvicinato ai 6000 Marines assediati nella base di combattimento di Khe Sanh. Il Generale Westmoreland, allora comandante del MACV, arrivo’ a minacciare di rassegnare le dimissioni se gli asset aerei di USAF, Navy e Marines non fossero stati posti sotto un unico comando. Westy alla fine la spunto’, e oggi possiamo considerare l’Operazione NIAGARA come uno dei principali fattori che impedirono ai Nordvietnamiti di trasformare Khe Sanh in una nuova Dien Bien Phu.

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Khe Sanh Combat Base (KSCB) (Photo by Jim R Reed – http://www.hmm-364.org)

IL PARADIGMA DI DUC LAP

Duc Lap era un campo di CIDG (Civilian Irregular Defense Group) occupato da Berretti Verdi, forze speciali Sudvietnamite e qualche centinaio di Montagnard. Denominato A-239, Duc Lap si trovava a circa 5 km dal confine cambogiano ed era considerato dai Comunisti come una vera e propria spina nel fianco. Inutile dire che un bel giorno i Nordvietnamiti tentarono di liberarsi per sempre di quella spina.

Qui uno stralcio tratto dallo studio Air Force in Southeast Asia – FAC Operations del Tenente Colonnello Ralph A. Rawley (consegnato nel 1975, ma declassificato dall’USAF solo nel 2007):

The battle of Duc Lap (August-september 1968) witnessed Army-Air Force cooperation at its finest. For 15 days the enemy assaulted the Duc Lap baser, yet failed to take it principally because of superb air-ground coordination. Air Force forward air controllers directed more than 480 tactical air sorties (3,300 strikes), controlled 100 helicopter gunship sorties, adjusted artillery 50 times and guided fire-suppression strikes that let transports get in and out of the camp. The FACs  flew round-the-clock amid 37-mm, 12.7-mm, ard machine gun fire. They nursed their tiny aircraft through thunderstorms and “landed on unlighted runways at night in the rain with their heads stuck out the windows so they could find the muddy runway’ and landed on emergency strips . with only mortar flares for lighting”. Only the forward air controllers and the ALO were able to keep abreast of the quicksilver changes in the Duc Lap situation.

Working with up to five ground commanders, they relayed radio messages, cleared the area for B-52 strikes, aided the selection of landing zones, positively identified friendly positions, coordinated runin headings of strike aircraft with other FAC’s, and helped provide cover for downed aircrews. The cooperation and direction of Lt. Gen. William R. Peers, U. S. Army, Commander, I Field Force Vietnam, was a vital link in beating back the enemy. According to one after action  report, General Peers always seemed to be at the right place at the right time to direct the action. He used his battle staff – well particularly the TACP – affording them a freedom of action that brought out their best.

Per quanto riguarda i Marines, be’, come menzionato in precedenza, i rapporti non proprio idilliaci con l’USAF raramente portarono ad un buon livello di cooperazione. Problemi piu’ o meno gravi furono rilevati in numerose operazioni, come fatto peraltro notare dallo studio di Rawley:

Operation Hickory (Maggio 1967) -the first overt US/ARVN attack into the demilitarized zone – was a case in point. Marine aircraft were to support III MAF in the multi-pronged Hickory action while the Air Force supported ARVN and directed airstrikes north of the DMZ. However, III MAF kept the plans of the operation so secret its own tactical control center didn’t know the time of the Marine amphibious forcers landing until the force ran into trouble. Pre briefing disclosed III MAF intentions to control artillery fire and close air support north of the DMZ as far as Marine field guns could reach (about 30 kilometers). General Momyer objected, citing COMUSMACV instructions restricting Marine control of air power to the northern bcundary of the DMZ. North of that point, the TACS took over.

Nevertheless, when the Marine field commander needed more air support during Hickory, he instructed Seventh Air Force FAC’s to control airstrikes north of the Ben Hai River which coursed through the DMZ. As much as the request wasn’t coordinated through the TACS, the airborne command post ordered the FAC’s back north of the DMZ. Furthermore, the failure to inform the 20th TASS in advance of additional sorties fragged north of the DMZ oversaturated the FACs during the first day. Deemed a successful operation, Seventh Air Force believed Hickory would have gone far more smoothly had the Marines cooperated during the planning phase

E ancora:

Coordination problems also surfaced in Operation Neutralize (12 September-1 November 1967) which called for sustained airstrikes to silence enemy guns harassing Marine forward positions. The Air Force carried out the operation because the III MAF had too few aircraft to do so. Eying Neutralize as it gathered momentum, Lt. Gen. Robert E. Cushman, Jr., III MAF CG, contended Seventh Air Force was encroaching upon the Marine area of responsibility. He also scored the confusion over who should coordinate both airstrikes and artillery fire.

– THE MACHINE: DA BUSINESSLINER A FAC –

Il piccolo Cessna nacque alla fine degli anni quaranta da un requisito emesso dall’U.S. Army e dalla neonata U.S. Air Force relativo ad un aereo da osservazione, collegamento, addestramento e direzione del tiro d’artiglieria destinato a sostituire i Piper L-4 Grasshopper e Stinson L-5 Sentinel, entrambi veterani della II Guerra Mondiale. Come base di partenza la Cessna scelse il Model 170 da turismo (ta-dan!),  che aveva volato nel 1948. Adottato nel 1950 come L-19 Bird Dog, nel Settembre 1962 fu ridesignato O-1.

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Il Bird Dog era un monomotore di costruzione interamente metallica con ala alta controventata, carrello anteriore fisso biciclo, ruotino di coda ed una cabina dotata di due posti (pilota e osservatore) in tandem e ampia vetratura che dava all’equipaggio una magnifica visuale a 360 gradi. Non paga, la Cessna installo’ finestre anche sulla parte dell’ala sopra i sedili. Per ottenere cio’ i progettisti dovettero modificare in maniera estesa la sovrastruttura del Model 170.

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Il motore era un affidabile 6 cilindri Continental O-470 da 213 hp che poteva spingere questo mezzo a velocita’ superiori ai 200 km/h e ad un rateo di salita di 1,150 piedi al minuto. Almeno teoricamente, visto che il Bird Dog in “assetto operativo” era in realta’ piuttosto sottopotenziato.

Secondo il manuale, l’O-1 non avrebbe dovuto superare i 1088 kg di peso, ma con il carico di carburante massimo si toccavano gia’ i 1120 kg. Bastava aggiungere il pilota (70-80 kg) e l’equipaggiamento individuale, ed ecco che per magia si superava il peso massimo consentito. Non solo, i problemi di potenza residua erano aggravati dal famigerato clima caldo-umido del Sud Est Asiatico, che contribuiva a degradare le prestazioni e a mettere a dura prova l’abilita’ dei piloti.


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Se, come gia’ detto, la visuale era eccellente, l’abitabilita’ lasciava invece alquanto a desiderare a causa di un abitacolo piccolo e angusto. Il semplice accesso dallo sportello laterale richiedeva doti da contorsionista anche per coloro che erano di media statura. Se poi decidevi di indossare la flak jacket, la survival vest e il paracadute d’emergenza, il tutto si trasformava in una specie di gioco ad incastro.

La cabina – ovviamente priva di qualunque sistema di climatizzazione – aveva poi la brutta abitudine di trasformarsi in una piccola serra una volta che chiudevi i finestrini. Da un punto di vista olfattivo, le essenze predominanti erano quelle di olio da motore, sudore e igiene personale non sempre rispettata. A dare la mazzata finale al pilota ci pensava infine il rumore del 6 cilindri montato a poche decine di centimetri dal sedile 🙂 E tutto questo mentre si volava per ore, consultando la mappa e scrutando il territorio sottostante (e magari tentando di schivare i colpi del nemico!).

Cominciate a comprendere la mia stima e ammirazione per i piloti di FAC? No? Tornate allora ai vostri cazzo di jet da caccia!

Scherzo 🙂

Dicevo, nonostante i problemi di peso e potenza, l’O-1 era nel complesso agile e maneggevole, con un raggio di virata strettissimo che permetteva di infilarsi agevolmente anche nelle vallate piu’ strette. Questa maneggevolezza, unita’ alle piccole dimensioni, erano forse le uniche doti (oltre al “manico”, s’intende) che potevano assicurare all’equipaggio un minimo di sopravvivenza. Altro grande pregio era l’autonomia, o meglio la capacita’ di rimanere on station per lunghi periodi. Parco ed efficiente, il sei cilindri Continental  poteva farti restare in aria ininterrottamente fino a oltre quattro ore. Nemmeno lo spazio per decollare e atterrare era un problema, visto che il Bird Dog era in grado di operare da veri e propri fazzoletti di terra come pochi altri aerei al mondo, senza contare che necessitava di un supporto a terra davvero minimo per le attivita’ di manutenzione.

Detto questo, l’O-1 fu sin dal principio giudicato inadeguato al ruolo di FAC. La lentezza, unita’ alle limitazioni di carico utile e alla pressoche’ totale mancanza di blindature e armamento, rendevano il volo su questo apparecchio estremamente rischioso.

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Il core del sistema era il set di radio composto da vari apparati montati a seconda dell’utilizzatore. I FAC dell’USAF, per esempio, avevano a bordo una radio  AN/ARC-44 UHF/FM e una AN/ARC-45 in UHF. La prima serviva a comunicare con le unita’ di terra dell’esercito, mentre la seconda permetteva al pilota di mettersi in contatto con gli aerei d’attacco. Il problema di tali apparati era dato dal preset di frequenze piuttosto limitato che portava spesso a fastidiosi episodi di sovrapposizione di due o piu’ trasmissioni sullo stesso canale. Dopo aver studiato varie soluzioni (tutte scartate per i soliti problemi di peso), alla fine degli anni Sessanta l’USAF ovvio’ parzialmente al problema sostituendo l’apparato UHF ARC-45 con l’ARC-51BX. Ancora una volta, lo scarso carico utile del Bird Dog impedi’ di installare sin dal principio un set di radio completo.

L’Eyeball Mk 1 era d’importanza fondamentale e per renderlo ancora piu’ efficace, l’Air Force forniva ai piloti i migliori binocoli sulla piazza, cosi’ come macchine fotografiche di vario tipo.

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Un altro aspetto peculiare dell’O-1 era la sua totale assenza di armamento offensivo. La cosa era piuttosto frustrante perche’ quei figli di una buona donna dei Charlie, sapendo che questo aereoplanino poteva far intervenire con uno schiocco delle dita i “fratelloni” armati fino ai denti, si davano parecchio da fare per tirarlo giu’. In seguito compresero che era meglio non stuzzicare troppo i FAC, tanto che questi ultimi dovettero cercare di portarli allo scoperto attraverso tattiche di harrassement.

In ogni caso, se i colleghi piloti di elicotteri scout dell’esercito (Sioux, Raven e LOacH) potevano almeno contare all’occorrenza su un paio di mitragliatrici difensive (M60 e/o Minigun), il pilota del Bird Dog continuava a fare da bersaglio senza alcun arma appesa sotto le ali. Era un po’ come vedere un poliziotto di quartiere di Londra alla guida di una Mini improvvisamente catapultato nelle slum di Caracas. Non so se ho reso l’idea.

Gli unici carichi esterni disponibili erano solitamente 4/8 razzi FFAR da 70mm al fosforo bianco (WP), montati a coppie in punti di attacco subalari Mk 4A.

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Come avevo menzionato prima, i razzi servivano unicamente a marcare i bersagli per renderli visibili ai caccia dell’aviazione. In alternativa potevano essere montati bengala illuminanti oppure piccoli contenitori sganciabili per il lancio di rifornimenti ad unita’ di Special Forces (queste missioni venivano svolte quasi unicamente da O-1 dell’esercito).

Preso atto del fatto che il loro aereo non poteva rispondere al fuoco, i piloti dovettero arrangiarsi portandosi a bordo armi leggere come l’onnipresente fucile d’assalto M16.

Tale soluzione non era oggettivamente il massimo, ma almeno dava modo agli equipaggi di restituire ai Charlie un po’ di piombo. Il rischio, inutile dirlo,  era altissimo.

*   *   *

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Molti anni fa, mentre sfogliavo un numero di Air Force Magazine, m’imbattei in un emozionante articolo che narrava le imprese di Hilliard Wilbanks, un audace pilota di Bird Dog che con il suo M16 riusci’ a tenere a bada un gran numero di Vietcong e regolari del Nord impegnati a tartassare malamente un’unita’ Ranger.  L’articolo lo trovate qui: www.airforcemag.com/MagazineArchive/Pages/2007/March%202007/0307battle.aspx

*   *   *

Oltre all’M16, i piloti portavano con se un coltello e un’arma da fianco, in genere un revolver calibro .38 con canna da due o quattro pollici.

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Il necessaire per l’autodifesa del pilota FAC dell’Aeronautica USA

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Tipico pilota FAC di Bird Dog dell’aviazione con l’M16 a portata di mano. In questo caso si tratta del Maggiore James Harding, un ufficiale dell’USAF che effettuo’ a bordo del Bird Dog ben 101 missioni sopra il territorio Nordvietnamita. Un uomo con le palle quadrate, insomma. Harding, per la cronaca, concluse la guerra con 596 missioni all’attivo, in una manciata delle quali fini’ bucherellato dal nemico (Photo: U.S. Air Force).

La maggioranza dei piloti di O-1 dell’USAF indossavano caschi di volo della serie Gentex HGU, come gli HGU-2/P, HGU-2A/P e HGU-7/P. Meno diffusi erano gli APH-5. La tuta di volo era la K-2B, abbinata alla survival vest tipo SRU-21/P. Completavano l’equipaggiamento principale il giubbotto antischegge o flak jacket (M1952 che fermava le schegge, ma non i proiettili), binocolo, mappa, kneeboard,  guanti, stivaletti e l’arma da fianco (di solito un revolver Smith & Wesson). A volte era presente anche un paracadute d’emergenza.

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Maggiore James L. Pratz dell’USAF armato di XM177 Commando, versione accorciata e con calcio telescopico del fucile d’assalto M16. Pratz era un FAC assegnato alla 101st Airborne Division (Photo credit: http://www.currahee.org)

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Pilota di Bird Dog dell’U.S. Army pronto al decollo (Rich Burns – 199th Recon Airplane Company)

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Qui invece vediamo un aviatore dell’U.S. Army, tal Barry Mainardi della 219th Aviation Company. Barry a bordo si portava dietro una pistola mitragliatrice M3 Grease Gun e un lanciagranate M79 Blooper da 40mm, arma apprezzata anche dai piloti per la praticita’, affidabilita’ e potenza di fuoco. (Photo credit: Barry Mainardi via http://219headhunters.com)

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Aviatore di Bird Dog dell’U.S. Army super-accessoriato. L’equipaggiamento individuale poteva variare a seconda della missione o delle preferenze personali. Nei primissimi anni sessanta i piloti dell’aviazione dell’esercito indossavano la tuta di volo standard a pezzo unico K-2B, ma presto questo indumento divenne sempre piu’ raro fino a quasi scomparire. Gli equipaggi, infatti, sembravano favorire le uniformi standard a due pezzi come la jungle fatigue OG-107 type II e III oppure quella specifica per aviatori in NOMEX ignifugo e tonalita’ OG-106, apparsa per la prima volta nel 1969. La jungle rimase comunque in auge anche quando la NOMEX si diffuse capillarmente, e per un buon motivo: l’esercito forniva ad ogni aircrewman un solo completo di NOMEX e di conseguenza capitava che durante le attivita’ di volo quest’ultimo si trovasse ammollo in lavanderia!

A partire dalla fine degli anni sessanta e soprattutto nel decennio successivo, l’aviazione dell’esercito introdusse standard di sicurezza sempre piu’ stringenti che portarono, fra le altre cose, ad una revisione di cio’ che si poteva o non poteva indossare in volo.  In genere gli aviatori tendevano a rispettare le regolamentazioni in quanto il temuto Aviation Safety Officer in caso di trasgressioni aveva il potere di tenere lontano chiunque dal cockpit. E come tutti sanno, non c’e’ persona piu’ a terra di un pilota a terra 🙂

Qui in basso potete vedere alcune tipiche combinazioni di indumenti ed equipaggiamenti in voga fra la seconda meta’ degli anni sessanta e i primi anni settanta fra gli aviatori dell’U.S. Army.

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Per quanto riguarda le protezioni balistiche individuali, fra i piloti dell’esercito circolava un misto di flak jacket (M1952A) e di specifiche combinazioni per equipaggi di aeromobili designate ufficialmente Body Armor, Small Arms Protective, AircrewmenT65, ma universalmente note come Chicken Plate. Quest’ultima, ideata dai laboratori Natick dell’esercito, era una sorta di vest/carrier in due pezzi (front & back), ciascuno contenente al suo interno una piastra di protezione in materiale balistico (carburo di boro, di silicio o ossido di alluminio). La parte front proteggeva il torso, mentre quella back (ovviamente) la schiena. I piloti, beneficiando dei seggiolini corazzati, solitamente indossavano solo la piastra del torso, mentre gli eventuali membri dell’equipaggio (es. i mitraglieri), entrambe.

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Le chicken plate vennero prima testate in patria e in Vietnam a varie riprese e infine standardizzate nel 1967. Per tutto il corso della guerra esse furono oggetto di miglioramenti sotto il profilo della protezione, del peso e dei materiali impiegati. L’ottimo Vietnamgear.com ha pubblicato a questo proposito una bella paginetta di approfondimento: http://www.vietnamgear.com/Article.aspx?Art=91

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Il celebre e pluridecorato pilota Hugh Mills (U.S. Army) mostra il punto d’impatto di due colpi di AK-47 (7,62x39mm) sulla piastra frontale di una chicken plate. Questo scomodo, ma vitale accessorio poteva fermare proiettili fino al calibro .30, ma contro le famigerate calibro .51 (mitragliatrici pesanti Dshk in 12,7×108) non c’erano praticamente speranze.

CASCHI DI VOLO

Ai primi aviatori dell’esercito che giunsero in Vietnam veniva dato un casco di volo APH-5 interamente bianco. Questo modello a partire dal 1965 venne sostituito dal simile AFH-1  in verde oliva 🙂 L’ultimo casco in dotazione fu l’SPH-4, introdotto nel 1969, ma consegnato in grandi numeri solo a partire dal 1971.

Nota sulle sigle: APH sta per Aircrew Protective Helmet; AFH per Anti-fragmentation Helmet e SPH per Sound Protective Helmet. Tutti questi modelli erano prodotti dalla Gentex.

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Da segnalare che spesso e volentieri gli aviatori decoravano i loro caschi con disegni, bandiere, insegne di reparto e slogan assortiti. Questa pratica era in uso sopratutto nell’esercito, meno nelle altre forze armate.

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Crew Chief John Hyatt dell’Air Cav indossa un vistoso casco tipo SPH-4 dipinto di arancione e decorato con le insegne di reparto. Notare la combinazione in Nomex, l’army aviator badge e il distintivo subdued della 1st Aviation Brigade (Photo credit: John Hyatt via VHPAMuseum.org)

Per altri esempi vi rimando a questo sito: http://www.collectorsweekly.com/articles/vietnam-helicopter-pilots-wore-their-hearts-on-their-helmets/

Ah, dimenticavo le calzature. Regola numero uno: mai e poi mai indossare gli stivaletti per fanteria tipo jungle boots. Questa calzatura, parzialmente realizzata in nylon, era si leggera e adatta al clima caldo umido, ma non proteggeva adeguatamente il piede e la bassa caviglia dalle fiamme. Ma c’era dell’altro: il calore elevato poteva facilmente fondere gli elementi in nylon, che si trasformavano in una poltiglia bollente e appiccicosa che provocava ferite e ustioni poco piacevoli. Per tali ragioni i comandi proibivano agli equipaggi di indossare i jungle boots. Piloti ed aviatori di Aviazione, Esercito e Marines volavano invece con pesanti e robusti stivaletti in cuoio.

*    *    *

Ritornando agli armamenti, nei cockpit non si trovavano solo M16 o CAR-15. Qualche temerario si spinse oltre, come il Capitano Roger Krell e il suo O-1G Little Puff (in onore della cannoniera volante AC-47, soprannominata “Puff the Magic Dragon“). Il Little Puff era armato con una mitragliatrice M60 installata nel finestrino sinistro dell’osservatore. Nel 1966 due esemplari di O-1 furono modificati a titolo sperimentale.

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Altri si arrangiarono con installazioni decisamente piu’ improbabili.

Guardate un po’ i piloti dell’U.S. Army qui raffigurati cosa montarono su questo Bird Dog…

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Yess, sono proprio pistole mitragliatrici M3 Grease Gun calibro .45 ACP con spegnifiamma conico.

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Quest’arma, adottata durante la II Guerra Mondiale per affiancare la piu’ costosa e complessa M1 Thompson, veniva in quel periodo assegnata agli equipaggi dei mezzi corazzati, ai conducenti di automezzi e talvolta ai piloti come arma difensiva personale. L’US Army l’ha ritirata dal servizio solo negli anni Novanta.

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In questo O-1 della 184th Reconnaissance Airplane Company dell’US Army, i lanciarazzi della semiala sinistra sono stati sostituiti da una mitragliatrice M60 con 1000 colpi… tutti traccianti! Almeno secondo l’autore della foto. Chissa’ se avra’ mai imbarcato munizioni FMJ… (Photo credit: Robert Reed/www.184rac.com)

Qua invece abbiamo un O-1 dei Ravens

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Questo esemplare e’ equipaggiato con una coppia di lanciarazzi LAU-3/A (o forse M200) da 70mm da 19 colpi ciascuno. Notare l’abbigliamento casual del personale ritratto nella foto. (Photo credit: http://www.ravens.org/)

*   *   *

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O-1E in volo di ricognizione sopra il Nord Vietnam nell’Agosto 1966 (Photo Credit: U.S. Air Force)

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Ogni tanto qualche Bird Dog riceveva delle camo fuori dall’ordinario, come questo O-1 della 184th RAC dell’U.S. Army. Notare l’assenza dei contrassegni di forza armata e il tail number parziale, segno che l’aereo in questione e’ stato assegnato (probabilmente in temporary duty) ad operazioni cover. Il pilota indossa il completo a due pezzi standard per aviatori in NOMEX, cappellino e stivaletti di cuoio (Photo credit: Robert Dodge/www.184rac.com)

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Durante la stagione dei monsoni atterrare nelle piste semipreparate delle localita’ avanzate poteva rivelarsi piu’ rischioso del previsto

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Bird Dog dell’U.S. Air Force in volo sopra il Vietnam del Sud. (Photo: USAF)

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Bird Dog atterra su una pista costruita con piastre d’acciaio (Photo: USAF)

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Pilota FAC di Bird Dog si appresta al decollo. Indossa una tuta di volo K-2B, ma niente giubbotto antischegge. (Photo: USAF)

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Quando non ti sparavano addosso, poteva essere piacevole volare sopra il Vietnam. L’eccellente visibilita’ del Bird Dog permetteva di godere appieno del panorama circostante (Photo: USAF)

THE LAST MISSION

Neanche a farlo apposta, uno degli ultimi episodi di quel tragico conflitto vide come protagonista un Bird Dog.

Era il 29 Aprile 1975, alla vigilia della presa di Saigon, quando il Maggiore Buang-Ly dell’Aeronautica Sudvietnamita decise di caricare a bordo di un O-1 la moglie e i suoi cinque (!) bambini e di fuggire dalla terra natia. Il sovraccarico Cessna decollo’ a fatica dall’isola di Con Son e dopo un breve volo riusci’ con rimarchevole fortuna ad individuare una portaerei:  si trattava della statunitense USS Midway, che proprio in quei giorni incrociava al largo delle coste del Vietnam del Sud per prendere parte alle operazioni di evacuazione.

L’equipaggio della Midway tento’ ripetutamente di comunicare con il piccolo aereo attraverso le frequenze d’emergenza senza tuttavia ottenere risposta. Buang decise dunque di lanciare un messaggio sul ponte di volo durante un passaggio a bassa quota.

Il messaggio riportava testualmente:

“Can you move the helicopter to the other side, I can land on your runway.  Please rescue me! Major Buang, wife and 5 child.”

Senza esitare, il Capitano Larry Chambers ordino’ a tutti gli uomini di muoversi e di gran carriera. Le operazioni di sgombro procedettero senza intoppi, sebbene ad un certo punto i marinai furono costretti, loro malgrado, a gettare in mare alcuni Huey.

Con grande perizia il Maggiore Buang riusci’ nell’impresa di posare delicatamente il suo Bird Dog sul ponte di volo. Una volta atterrato Buang e famiglia furono accolti da uno scroscio di applausi dall’equipaggio della Midway, mentre Chambers non pote’ fare altro che congratularsi con il giovane ufficiale Sudvietnamita per il coraggio e l’abilita’ dimostrati. La cosa piu’ sorprendente e’ che Buang era in realta’ un pilota di elicotteri che non toccava una cloche di aereo dai tempi della scuola di volo!

Per la cronaca, l’aereo di Buang oggi si trova esposto in perfetto stato di conservazione al National Naval Air Museum di Pensacola (Florida).

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La Guerra del Vietnam pose per sempre fine alla carriera del Bird Dog nelle Forze Armate USA, sebbene questo modello rimase per molti altri anni in uso in innumerevoli eserciti, fra cui quello italiano, che lo ebbe in dotazione anche in una versione con turbina Allison 25o elaborata dalla SIAI-Marchetti.


OWNING THE NIGHT – The Iroquois Night Fighter And Night Tracker (INFANT)

Il Sistema INFANT (Iroquois Night Fighter And Night Tracker) fu il primo vero apparato di visione notturno per la ricerca e l’acquisizione dei bersagli realizzato appositamente per un elicottero. Sebbene non oltrepasso’ lo stadio sperimentale, esso viene oggi considerato come un importante punto di svolta nel campo degli equipaggiamenti per la visione ed il combattimento notturni.

NIGHT VISION DEVICES: IL VIETNAM COME LABORATORIO DI RICERCA

L’INFANT nacque sul finire degli anni sessanta da una collaborazione fra la Hughes Aircraft Company e l’esercito statunitense. Quest’ultimo, preso atto dei limiti operativi dell’elicottero fra il tramonto e l’alba, inizio’ a finanziare e sviluppare una serie di sistemi per il volo notturno. I programmi che ne scaturirono, pur essendo di natura sperimentale e quindi destinati ad un numero estremamente ridotto di macchine, erano pero’ considerati prioritari. Il motivo e’ facilmente intuibile: attraverso la ricerca e le esperienze sul campo, gli Stati Uniti avrebbero accresciuto non solo le capacita’ dei loro aeromobili, ma anche ottenuto la leadership tecnologica, con le ovvie ricadute in campo militare, civile e commerciale.

L’esperienza in Vietnam, in effetti, porto’ ad un innalzamento del livello tecnologico come mai si era visto in precedenza: equipaggiamenti oggi comuni e diffusi come LLLTV, FLIR, NVG e camere termiche esordirono proprio in quel conflitto. Dopotutto, la caccia agli inafferrabili Vietcong durante le ore notturne costituiva gia’ di per se un incentivo piu’ che valido. Non solo:  la presenza di un nemico che combatteva essenzialmente a piedi e che si spostava sopratutto con mezzi di trasporto silenziosi e facilmente occultabili come bici e sampan, porto’ i ricercatori a sviluppare equipaggiamenti sempre piu’ sensibili (compatibilmente con la tecnologia allora disponibile).

Gia’ durante i primi anni di guerra la US Army Aviation era considerata all’avanguardia nelle capacita’ notturne, come peraltro riporta lo studio USAF “B-57G Tropic Moon III” alle pagine 4 e 5:

The U.S. Army in 1966 probably had a better night hunter capability than either the Air Force or the Navy […] Even though night interdiction was a traditional Air Force mission, the Army was making better progress toward acquiring an effective mission capability.

I primi passi

Nel Maggio 1966 l’esercito invio’ in Vietnam cinque UH-1C sperimentali equipaggiati con il Remote Image Intensifier System (RIIS), un sistema costruito dalla  Westinghouse e basato sulla tecnologia Low Light Level TV (LLLTV). Esso si componeva di una telecamera SEC Vidicon sul muso collegata ad una coppia di monitor CRT (tubi catodici): uno installato nel cockpit e l’altro nel vano di carico dell’elicottero, dove si trovava anche il modulo con l’elettronica. In totale il sistema pesava meno di 60 kg, cablaggi compresi.

I cinque Huey operavano per conto dell’ACTIV (Army Concept Team In Vietnam), un’organizzazione creata nel 1962 con il compito di gestire i programmi dei nuovi equipaggiamenti testati dai reparti dell’US Army nel Sud Est Asiatico. Nel caso dell’accoppiata UH-1/RIIS, i test erano di competenza del distaccamento televisivo mobile dell’United States Army Publishing Agency (USAPA), che negli USA era stanziato al Tobyhanna Signal Depot (Pennsylvania), un importante centro logistico  specializzato in sistemi e apparecchiature elettroniche. Nelle foto in basso potete vedere alcune immagini del RIIS.

Sfortunatamente, quasi nulla si sa sulle operazioni condotte dagli UH-1 RIIS, a parte che le cinque macchine, battezzate Batships, operarono nella regione del Delta del Mekong fra giugno e novembre, e che non ottennero i risultati sperati per via della scarsa affidabilita’ del RIIS, giudicato nel complesso “immaturo”. Anche riguardo al numero di missioni le notizie sono frammentarie. Si sa, ad esempio, che fra il 14 giugno e il 20 luglio 1966 i cinque elicotteri eseguirono 35 missioni e 57 voli di test, in condizioni di luce che andavano dal quarto di luna, alla luna piena.

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Uno degli UH-1C Batship equipaggiati con il RIIS fotografato a Tan Son Nhut AB nel Settembre 1966.
La matricola di questo esemplare e’  65-09439. (Photo: Terry Love)

A dispetto dei risultati poco lusinghieri, l’esercito era ancora fermamente convinto che valesse la pena sviluppare ulteriormente il concetto e di conseguenza i fondi per la ricerca continuarono ad affluire come e piu’ di prima.

riisv2In quel periodo venne collaudata anche una versione mobile del RIIS, montata direttamente sulla torretta del sottosistema M5 (opportunamente privata del relativo lanciagranate M75). Questo sistema, come potete vedere, era asservito alle due M134 Minigun del sottosistema M21.

* * * * * *

L’anno successivo l’US Army testo’ un ulteriore tipo di apparato, sempre basato sulla tecnologia LLLTV ed installato a bordo dell’UH-1. Qui le informazioni a mia disposizione sono ancora piu’ scarne. Da quello che si puo’ vedere dalle immagini in basso, si trattava di una telecamera LLLTV di diversa fattura, installata all’interno di un contenitore montato su sottosistema M21, al posto della Minigun di sinistra.

Il monitor del copilota con filtro verde.

Va fatto presente che l’ente militare che a quell’epoca dirigeva le ricerche sui dispositivi di visione notturna era il Night Vision and Electro-Optics Laboratory dell’US Army, acquartierato a Fort Belvoir, in Virginia. Come nella migliore tradizione americana, questa struttura collaborava regolarmente sia con i principali centri di ricerca accademici (esempio il MIT di Boston), sia con l’industria (ITT, Hughes, etc).

Dopo i primi timidi esperimenti con il RIIS, l’US Army giunse alla conclusione che solo un sistema intergrato notturno per la ricerca e l’acquisizione dei bersagli sarebbe stato idoneo all’impiego operativo e offensivo. Questo concetto porto’ alla nascita dell’INFANT (Iroquois Night Fighter And Night Tracker), progetto nato sotto gli auspici dell’Army Concept Team In Vietnam (ACTIV) e del SEA NITEOPS (Southeast Asia Night Operations), un piccolo ente dell’esercito che, come suggerisce il nome, si occupava delle operazioni notturne nel Sud Est Asiatico.

L’INFANT si componeva di tre principali sottosistemi:

  • l’elicottero UH-1M Iroquois;
  • l’apparato di visione notturna Hughes AN/ASQ-132;
  • sottosistema d’arma Emerson Electric M21.

L’elicottero UH-1M rappresentava l’ultima evoluzione dell’originale Bell Model 204 (short body), noto ai piu’ come Huey. Basato sul “Charlie” (UH-1C), il “Mike” differiva da quest’ultimo unicamente per il turboalbero di potenza maggiore (un Lycoming T-53-L13 da 1400 shp in luogo dell’L11 da 1100).

Il core del sistema INFANT era naturalmente l’AN/ASQ-132, che era cosi’ composto:

  • una telecamera LLLTV a bassa intensita’ luminosa;
  • un apparato ad intensificazione di luce con tubo multistadio da 80mm;
  • due proiettori IR della Varo Inc. asserviti al sottosistema d’arma M21.
  • due monitor da 8.1 pollici installati nel cockpit per pilota e co-pilota
  • un monitor da 14 pollici posto alle spalle dei seggiolini e destinato all’osservatore (rear monitor)

Il sistema completo pesava 301 kg.

Fra i principali subcontractor dell’AN/ASQ-132  si segnalavano la Perkin Elmer (ottiche e lenti); American Optical (cavo di fibra ottica e accessori) e Farrand Optical (visore binoculare).

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L’M21, ben noto agli studiosi di gunships, era basato su una coppia di mitragliatrici M134 Minigun a 6 canne rotanti da 7,62, piu’ due lanciarazzi M158 con sette razzi da 70mm ciascuno. Sulla volata delle Minigun furono applicati dei soppressori di fiamma della Mathewson Tool Company, mentre il rapporto fra traccianti (M62) e cartucce ordinarie (M80) scese da uno ogni cinque proiettili (1:5) a uno ogni nove (1:9). Questo espediente fu reso necessario dal fatto che il normale rapporto “accecava” i delicati sensori dell’ASQ-132. Contemporaneamente l’Arsenale di Frankford sviluppo’ e realizzo’ un milione di speciali traccianti a bassa luminosita’ (XM276 Dim Tracer con ogiva colore verde), invisibili ad occhio nudo, ma rilevabili attraverso i sensori.

Parlando di sensori, questi erano alloggiati all’interno di un singolare apparato a costruzione tubolare fissato alla parte inferiore del muso grazie ai punti d’attacco (opportunamente rinforzati) in origine destinati alla torretta del lanciagranate M5.

Suddetto apparato fu realizzato con tubature metalliche di grosso diametro, le cui estremita’ terminavano con una coppia di simil-torrette rotanti contenenti la LLLTV a visione remota (Remote View o RV) e il sistema ad intensificazione a visione diretta (Direct View o DV). Una soluzione non molto elegante, che pero’ si rivelo’ robusta e funzionale.

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La torretta di destra era destinata alla LLLTV, mentre quella di sinistra al sistema ad intensificazione.

L’immagine della LLLTV veniva trasmessa ai due monitor CRT da 8 pollici sistemati nel cockpit (remote vision) e ad un terzo monitor da 14 pollici destinato all’osservatore alle spalle dei piloti (quasi mai montato a bordo, se non in voli di addestramento). Il sistema ad intensificazione era abbinato ad un visore a periscopio collegato direttamente al sensore sul muso (direct view) attraverso un cavo in fibra ottica di grossa sezione lungo 2,7 metri. I monitor nel cockpit presentavano un grande reticolo a croce per il puntamento delle armi:

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Il visore a periscopio era altresi’ asservito alla sighting station M6 (in basso a destra) per il puntamento e controllo delle Minigun:

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In alto: Copilota/cannoniere osserva l’ambiente circostante attraverso il visore a periscopio collegato al sensore ad intensificazione dell’ASQ-132, mentre nel contempo manovra la sighting station M6 con la mano destra. In basso: ecco come si presentava il visore al copilota dell’UH-1M. Notare il grosso cavo in fibra ottica e il monitor della LLLTV con filtro rosso per la visione notturna:

Il controllo delle torrette avveniva attraverso un joystick installato su un piccolo pannello di controllo, come potete vedere nella foto in basso:

La LLLTV era destinata prevalentemente alla visione notturna, mentre il sistema ad intensificazione veniva usato sia nella ricerca e acquisizione dei bersagli, che nel puntamento e impiego dell’armamento di bordo. Entrambi i sistemi fornivano fino a quattro livelli di ingrandimento selezionabili a discrezione del pilota e copilota.

Se non vi era alcuna fonte di luce ambientale (esempio con il cielo completamente coperto), venivano in aiuto i due illuminatori IR su supporto snodabile montati immediatamente sopra le Minigun (foto in basso). Gli illuminatori altro non erano che proiettori allo Xenon da 500 watt con relativo pink filter infrarosso. Essi seguivano il movimento delle due M134, per permettere cosi’ al cannoniere di osservare l’area d’impatto dei proiettili, nonche’ illuminare i bersagli per altri aeromobili (normalmente Cobra o cannoniere Huey).

Il primo Huey INFANT

Lo sviluppo e i test dell’AN/ASQ-132 furono condotti dalla Hughes Aircraft Company nel ben noto stabilimento di Culver City, California. A questo scopo la Hughes chiese ed ottenne dall’Esercito un UH-1C (#66-00511), che impiego’ dal Luglio 1968 all’Aprile 1969. A quanto ne so questo fu l’unico “Charlie” INFANT, nonche’ il primo Huey equipaggiato con tale sistema.

I test proseguirono nuovamente al SEA NITEOPS di Fort Belvoir (Virginia), dopo di che l’elicottero fu portato allo standard “M” e inviato in Vietnam per i consueti cicli di test. [1]

Gli INFANT in Vietnam

Il trasferimento delle cannoniere INFANT in Vietnam avvenne sotto il programma ENSURE 100 (Expedited Non-Standard Urgent Requirements for Equipment N° 100). Il nucleo sperimentale di tre UH-1M INFANT arrivo’ alla base aerea di Tan Son Nhut (Saigon) nel Novembre 1969, e di li a poco distaccato presso il 227th Assault Helicopter Battalion (AHB) della 1st Cavalry Division (Airmobile). Suddetto nucleo opero’ con il 1st Cav come INFANT NETT fino al febbraio 1970. NETT era l’acronimo di New Equiment Training Team.

Esso si componeva di sei aviatori, un NCOIC (Non-Commissioner Officer In Chief), tre crew chief, due manutentori di armamenti, tre tecnici riparatori di apparecchiature televisive, un tecnico riparatore di apparecchiature elettroniche, uno specialista di comunicazioni e due contractor civili che rappresentavano la ditta che produceva l’AN/ASQ-132. Prima della partenza per il Vietnam, il nucleo NETT prese parte ai test del sistema e ad un corso presso la Hughes.

Gli aviatori candidati dovevano avere all’attivo almeno 200 ore di volo in combattimento, preferibilmente nell’area d’impiego dell’INFANT (vedi in basso), abilitati con il modello UH-1, conoscere a livello generale il sottosistema M21 e non avere alcuna inibizione nei confronti del volo notturno.

Il corso di qualificazione per gli aviatori destinati al sistema INFANT aveva una durata complessiva di 55.2 ore, di cui 29.7 dedicate alla teoria (in aula) e 25.5 destinate ai voli di addestramento diurni con filtri (10.7 ore) e notturni (15 ore). Le attivita’ di abilitazione con le armi si svolgevano esclusivamente durante le ore notturne dove ogni studente  lanciava complessivamente 63 razzi da 70mm e sparava 6000 colpi con le Minigun.

L’installazione dell’ASQ-132 avvenne presso il Sanford Army Airfield, a Long Binh. In totale occorsero sei giorni per le operazioni di montaggio, calibrazione e di verifica dei sistemi a terra e in aria.

L’equipaggio dell’INFANT consisteva in quattro membri:

  • Pilota
  • Copilota/cannoniere
  • Crew Chief/mitragliere
  • Mitragliere/osservatore

Il crew chief e il mitragliere erano armati con una mitragliatrice M60 ciascuno. La dotazione munizioni era pari a 900 colpi (450 per arma). Le M60 erano armi difensive, imbarcate per proteggere i fianchi dell’elicottero.

Le munizioni per il sottosistema M21 si suddividevano in 14 razzi da 70mm (7 per lanciatore), piu’ 4500 colpi calibro 7,62 NATO per le due M134 Minigun. La dotazione colpi delle M134 era volutamente ridotta per evitare di superare il peso massimo prescritto, ossia 4309 kg.

Con questo carico bellico in genere non si imbarcavano piu’ di 544 kg di carburante, quantita’ che, per inciso, consentiva di compiere una sortita di 1 ora e mezza, con una riserva pari a 30 minuti.

La velocita’ tipica dalla base operativa, fino all’area di operazioni (AO) era circa 75-80 nodi, che scendevano a 60-70 quando l’elicottero raggiungeva la AO. Per quanto riguarda l’altitudine operativa, essa variava dai 600 ai 1500 piedi AGL (altitude above ground level) a seconda delle condizioni di luce ambientali (chiaro di luna, presenza di stelle, cielo coperto etc). L’altitudine ottimale era invece compresa fra i 600 e gli 800 piedi AGL: cio’ permetteva  di ottenere un’elevata qualita’ d’immagine dell’ASQ-132 e di conseguenza un incremento delle capacita’ di ricerca e di attacco della piattaforma INFANT.

I risultati ottenuti in quei tre mesi dagli INFANT furono decisamente molto piu’ lusinghieri rispetto agli UH-1 RIIS inviati tre anni prima. Il successo dell’INFANT convinse inoltre i comandi ad espandere il programma. Poco dopo il Training Team (NETT) divenne Detachment (DET) a tutti gli effetti.

Il nucleo NETT della D Company, 227th AHB condusse le operazioni dal campo di aviazione di Lai Khe, eccetto per un periodo di 10 giorni dal quale’ opero’ dal campo di aviazione di Can Tho (1-10 Gennaio 1970). A Lai Khe si trovava anche il personale di supporto per l’AN/ASQ-132 con relativo van per la manutenzione.

DESCRIZIONE GEOGRAFICA DELL’AREA DI OPERAZIONI (AO)

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L’area di operazioni (AO) si estendeva fino la meta’ occidentale del III Corps Tactical Zone (CTZ) e di gran parte del IV CTZ. Entrambi i CTZ circondavano la terrazza del Mekong e la regione del Delta del Mekong.

Il Delta del Mekong inizia dalla parte nordoccidentale di Saigon e si estende verso Sud Ovest fino al Golfo di Thailandia (o di Siam). Questa zona si presenta sostanzialmente come una vasta pianura allagata per la maggiorparte dell’anno e in gran parte coltivata a riso. In genere l’elevazione media del Delta non supera il metro slm.

La terrazza del Mekong e’ delimitata a Nordest dalle pendici occidentali del massiccio meridionale Annamita, e a Sudovest dalla irregolare linea di passaggio sita appena a Sudovest di Tay Ninh, Saigon e Vung Tau. La zona della terrazza e’ caratterizzata da una topografia ondulata che finisce nelle distese di colline vicino al massiccio Annamita. Lungo la terrazza sono presenti numerose grandi valli fluviali con piantagioni di riso. Le piu’ importanti sono quelle dei fiumi Đồng Nai e Saigon. La regione e’ ricoperta da differenti tipi di vegetazione, che durante la guerra rappresentavano il principale fattore limitante per il movimento di uomini e veicoli terrestri.

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Le porzioni meridionali della terrazza del Mekong sono generalmente composte da risaie, mentre le parti piu’ settentrionali dell’area si distinguono per la presenza di una densa foresta di latifoglie. Le porzioni nordorientali dell’area sono invece coperte da foreste secondarie, mentre la fitta canopea caratterizza tutto il versante occidentale del massiccio meridionale Annamita.

L’uniformita’ del terreno del Delta e’ spezzata da due aree che per aspetto e caratteristiche sono da considerare eccezionali: la foresta di U-Minh e la Piana dei Giunchi (anche detta di Thap Muoi). La Foresta di U-Minh e’ una palude quasi impenetrabile composta da mangrovie, mentre la Piana dei Giunchi e’ un perenne acquitrinio esteso 13 mila km2 che durante la stagione umida rimane coperto da 30 a 150 cm di acqua. Nella regione abbondano anche canali e corsi d’acqua secondari.

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CONDIMETEO

Durante la prima parte del periodo di valutazione, le condizioni meteorologiche erano caratterizzate da occasionali acquazzoni monsonici e nubi basse. Nella seconda parte furono invece registrate buone condizioni per il volo e una visibilita’ soddisfacente. La tipica nebbia polverosa del Mekong fu la lamentela piu’ frequente degli aviatori INFANT. La temperatura media registrata durante le ore notturne era 23 gradi centigradi.

PREPARAZIONE DI UNA MISSIONE: BRIEFING E DEBRIEFING

Il numero di sistemi INFANT operativi disponibili veniva riferito all’S3 del battaglione di aviazione ogni mattina a seguito della ispezione quotidiana post-missione.

Le operazioni di manutenzione preventiva si concludevano generalmente attorno alle 15, dopo di che i piloti si occupavano delle ispezioni pre-volo. Queste ultime includevano l’avviamento della turbina e il controllo completo dell’AN/ASQ-132 e dei sistemi d’arma a questo associati (Minigun e Lanciarazzi).

Fra le 17 e le 18, l’ufficiale operazioni della compagnia veniva informato dei dettagli generali della missione, che venivano poi dattiloscritti e consegnati ai membri dell’equipaggio. Le informazioni comprendevano le condizioni meteo correnti, le previsioni (winds aloft incluso), fasi lunari, frequenze radio, ora dei briefing e infine le note addizionali (informazioni utili ai fini della missione).

Il company briefing avveniva 50 minuti prima del decollo. L’equipaggio riceveva le istruzioni sulla missione e prendeva in consegna la radio UHF di emergenza e l’equipaggiamento da sopravvivenza. Al briefing partecipava anche l’equipaggio del chase helicopter che normalmente accompagnava l’INFANT.

I piloti raggiungevano l’INFANT 30-35 minuti prima del decollo. In quel lasso di tempo l’equipaggio ne approfittava per verificare nuovamente il corretto funzionamento dei sistemi di bordo e dell’armamento. Fatto cio’, l’elicottero decollava verso la base dell’unita’ da supportare. Li’ l’equipaggio si riuniva presso il TOC (Tactical Operating Center) per un secondo briefing, di norma condotto da un S3 a livello di brigata. Quest’ultimo, oltre a informare i piloti dei gride square (detti “boxes”) da “battere”, segnalava la presenza di eventuali Specified Strike Zone (SSZ) e forniva le frequenze radio delle unita’ terrestri da supportare.

L’ufficiale S3 lasciava poi spazio al collega S2 per l’intelligence briefing, che metteva al corrente i piloti dell’attivita’ nemica nell’area di operazioni, dei movimenti del nemico, eventuale presenza di fuoco contraereo, nonche’ di infrastrutture e vie di rifornimento. L’equipaggio veniva poi istruito sul ruolo che avrebbe dovuto ricoprire e sul tipo di informazioni che l’unita’ supportata sperava di ottenere.

Le coordinate dei “boxes” venivano consegnate al Liaison Officer dell’artiglieria (ALO) e all’operatore GCA (Ground Controlled Approach), ma solo nel caso fosse disponibile la copertura radar delle unita’ del controllo del traffico aereo (e non sempre lo era). L’ALO otteneva infine l’autorizzazione al volo nella Area di Operazioni (AO), mentre l’operatore GCA disegnava le aree assegnate nello schermo radar in modo da dirigere con precisione l’INFANT e mantenere quest’ultimo entro il perimetro delle aree di ricerca prestabilite.

Vale la pena di menzionare che nell’U.S. Army le funzioni GCA erano svolte dalle unita’ di Air Traffic Control (ATC). Ogni divisione (1st Cav, 1st ID, 4th ID ecc.) aveva in organico una propria compagnia ATC, mentre i reparti di volo non-divisionali si servivano di battaglioni separati che fornivano servizi ATC a livello di Corpo.

GCAradarpic

Missione o sortite si concludevano con il debriefing in cui l’equipaggio forniva all’unita’ supportata ogni informazione utile o necessaria: area e “boxes” coperti, obiettivi, coordinate, armi impiegate, colpi sparati e i risultati di ogni ingaggio. Una volta rientrato al campo di aviazione della base, l’equipaggio dell’INFANT riportava poi le medesime informazioni all’S3 del battaglione di aviazione.

TATTICHE

Sebbene l’UH-1M INFANT fosse in grado di ricercare, acquisire e neutralizzare i bersagli autonomamente nella (quasi) completa oscurita’, esso rendeva al meglio quando operava in congiunzione con altri elicotteri, ad esempio con un UH-1H Comando e  Controllo (C&C) armato di mitragliatrice calibro .50 che seguiva a ruota l’INFANT:

infantcc

Al posto del tradizionale UH-1H, poteva anche essere impiegato un UH-1 Nighthawk, ossia uno speciale Huey Hotel dotato di apparati di visione notturna Starlight, un faro di ricerca che poteva funzionare sia per proiettare luce bianca o  IR. Il Nighthawk era normalmente equipaggiato con bengala illuminanti e armato con una mitragliatrice calibro .50 e una Minigun.

uh1hnight

Lato sinistro di un UH-1H Nighthawk. Notare la Minigun con i due tubi flessibili per l’espulsione dei bossoli e il “castello” equipaggiato con un faro di ricerca IR AN/VSS-3 da 50 milioni di candele e un visore notturno Starlight AN/TVS-4 Night Observation Device (NOD). Il lato destro era invece occupato da una mitragliatrice pesante calibro 0.50 (M2HB, XM214 o M3).

In alternativa si ricorreva a formazioni piu’ complesse tipo Hunter-Killer (HK). La tipica formazione HK si componeva di un UH-1M INFANT (Hunter), uno o due elicotteri d’attacco Cobra (Killer) e un UH-1H slick in funzioni di Comando e Controllo (C&C). Le formazioni HK si rivelarono le piu’ efficaci in assoluto.

hkscheme

Ecco cosa segnalava a questo proposito il rapporto dell’esercito Iroquois Night Fighter And Night Tracker del 30 Aprile 1970:

This configuration was employed numerous times and found to be very effective. The AH-1G flew 1000 feet above INFANT in an orbital pattern providing continuous air cover. The UH-1H was used as C&C at an altitude of 1500 feet above INFANT to provide maximum control of the two other aircraft.

Advantages

(a) Additional firepower and standoff capability are provided by the AH-1G,

(b) UH-1H provides positive control of the other aircraft from a safe altitude, thereby permitting the AH-1G and INFANT crews to concentrate on the enemy situation.

(c) AH-1G provides improved capability to detect ground to air fire in all quadrants and provide immediate neutralizing fire.

(d) UH-1H can serve as recovery aircraft for AH-lG or INFANT.

(e) Maximum capabilities of all aircraft are exploited.

Disadvantages

None were apparent.

L’INFANT IN AZIONE

Durante il periodo di valutazione con la 1a Divisione di Cavalleria, gli INFANT presero parte a diverse missioni e sortite durante le ore notturne. Alcune furono infruttuose, mentre altre portarono a risultati apprezzabili. Ad esempio il 5 Gennaio 1970 un team composto da due INFANT e uno Huey Nighthawk (soprannominato Tiger Surprise) parti’ da Can Tho per attaccare una serie di bersagli individuati a Sud e a Ovest di Soc Trang. L’azione provoco’ la distruzione di 15 costruzioni e 21 sampan carichi di rifornimenti, nonche’ l’uccisione di diversi Vietcong. Il giorno successivo un team misto di due INFANT, un Cobra e un UH-1H fu inviato a Ca Mau contro posizioni nemiche sospette. Dopo l’attacco un agente riporto’ la morte di almeno 30 Vietcong. In entrambi casi il sistema funziono’ come previsto e grazie ai sensori di bordo fu anche possibile effettuare ricognizioni notturne post-strike per valutare i danni arrecati al nemico.

In almeno due occasioni non fu possibile ottenere informazioni sui danni causati dall’intervento dell’INFANT. Si vedano a questo proposito le missioni del 4 e 9 Gennaio. Il 4 Gennaio 1970 fu impiegato un unico INFANT (il secondo non era mission-ready) in coppia con uno Huey Nighthawk del 13th Aviation Battalion nell’area meridionale e occidentale di Soc Trang. L’INFANT compi’ un paio di attacchi con i razzi, ma per ragioni sconosciute non fu possibile stabilire l’entita’ dei danni. Il 9 Gennaio un singolo INFANT fu inviato nell’area di Kuc Hoa accompagnato da tre Huey: due Nighthawk con calibro .50 e un terzo Firefly con doppia M60 in singola postazione e sistema di illuminazione composto da un gruppo di luci di atterraggio di C-123. Il Team effettuo’ un paio di attacchi sottoforma di Recon by Fire. Anche in questo caso non si seppe nulla dei risultati.

HUEYFF

Il 2 Gennaio, durante un test di volo sopra la foresta di U-Minh in appoggio ad una missione Nighthawk (UH-1H + AH-1G e Mohawk), uno dei due INFANT (UH-1M matricola #66-00726) si schianto’ improvvisamente in una zona paludosa durante un gun run ad alta velocita’. Il violento impatto con il terreno e la successiva esplosione provocarono la morte immediata di tutti e quattro i membri dell’equipaggio. Le cause dell’incidente non furono mai stabilite con precisione. L’unica cosa certa e’ che gli INFANT stavano attaccando alcuni obbiettivi individuati dallo SLAR (Side-Looking Airborne Radar) del Mohawk. Dopo aver ingaggiato e colpito con successo i primi tre, uno degli INFANT si dedico’ al quarto, lanciando una coppia di razzi da 70mm, poco prima di esplodere al suolo. Nessuna trasmissione radio fu captata negli istanti prima del disastro. L’UH-1H e l’AH-1G della formazione Nighthawk parteciparono alle operazioni di recupero del relitto e dei corpi fino alle ore 05.15 AM del 3 Gennaio, dopo di che rientrarono alla base di Can Tho.

mohawkslar

Su VPHA.org il pilota del summenzionato Cobra, George Caldwell, scrive a questo proposito:

Crew Members included 1LT Robert E. Carmichael (KIA), WO 1 Dennis E. Debner (KIA), LTC Roger W. Kvernes (KIA), and SFC Eddie L. Spivey (KIA). Aircraft entered a gun run from approximately 1,000 feet. Wing man stated the aircraft leveled off at 300 feet then flew into the ground at high speed. The aircraft exploded, burned and was destroyed. The late night test mission involved the UH1M accident aircraft plus a UH1H and AH1G aircraft from the 235th AWC based at Can Tho. My Cobra (call sign Satan 12) provided weapons support while the UH1H was flown by our unit maintenance officer. The test flight was conducted over the U Minh forest in the southernmost portion of South Vietnam. I was not briefed on any details concerning the test, just that the aircraft had the ability to fly low level at night. I don’t recall the weather being a factor for the mission. The AH1G was flying a wide orbit at 2500′ while the UH1H was orbiting at a lower altitude and in radio contact with the test aircraft. The infant ship was at low level and blacked out. While orbiting I observed a splash of light from the surface and saw flames burning. After a short while the UH1H announced that the UH1M had crashed. We provided gunship support while the Huey descended to observe the crash site using his lights. He observed the wreckage and determined that it appeared to be completely destroyed. We did our best to determine our exact location and eventually returned to base. – See more at: http://www.vvmf.org/Wall-of-Faces/49221/EDDIE-L-SPIVEY#sthash.XJ5KLh5j.dpuf

“Aircraft entered a gun run from approximately 1,000 feet. Wing man stated the aircraft leveled off at 300 feet then flew into the ground at high speed. The aircraft exploded, burned and was destroyed. The late night test mission involved the UH-1M accident aircraft plus a UH-1H and AH-1G aircraft from the 235th AWC based at Can Tho. My Cobra (call sign Satan 12) provided weapons support while the UH-1H was flown by our unit maintenance officer. The test flight was conducted over the U Minh forest in the southernmost portion of South Vietnam. I was not briefed on any details concerning the test, just that the aircraft had the ability to fly low level at night. I don’t recall the weather being a factor for the mission. The AH-1G was flying a wide orbit at 2500′ while the UH-1H was orbiting at a lower altitude and in radio contact with the test aircraft. The INFANT ship was at low level and blacked out. While orbiting I observed a splash of light from the surface and saw flames burning. After a short while the UH-1H announced that the UH-1M had crashed. We provided gunship support while the Huey descended to observe the crash site using his lights. He observed the wreckage and determined that it appeared to be completely destroyed. We did our best to determine our exact location and eventually returned to base.”

I CADUTI

kiainfant

CONSIDERAZIONI FINALI E ANNOTAZIONI DEL NETT

L’INFANT fu nel complesso giudicato abbastanza soddisfacente, sebbene afflitto da vari problemi e limitazioni che ne consigliavano l’uso esclusivamente in determinate condizioni tattiche e ambientali.

Il rapporto originale dell’ACTIV concludeva in sintesi che:

a. The INFANT system is capable of detecting and engaging targets under nighttime combat conditions in RVN, Overall effectiveness is influenced by mission planning, available ambient light, terrain characteristics, detection slant ranges, and crew knowledge of exact position over the terrain.

b. The reliability and maintainability characteristics of INFANT are acceptable however, improvement is needed in quality control over manufactured spare components, and additional test equipment and tools are required for more efficient use of maintenance time. Correction of deficiencies in recurring component failures should measurably Improve system reliability, and improved component accessibility should reduce MTTR.

INFANT is best employed in a fire team, in generally open terrain or over waterways, in conjunction with other area or zonetype surveillance or detection devices, under moonlit conditions, and  in specified strike zones or where clearance to engage targets is readily available.

INFANT can assist units in night movement with its capability to provide armed reconnaissance of the route of march and ambush neutralization

Note preparate dal team di valutazione NETT del 1st Cavalry:

– La qualita’ dell’immagine dell’ASQ-132 dipendeva dalle fasi lunari e dalla luce ambientale disponibile, cosi’ come dal contrasto terreno/bersaglio.

– Quando la (scarsa) luce ambientale costringeva all’uso degli illuminatori IR, i sensori dell’ASQ-132 potevano operare solo nel campo di visione piu’ ristretto, limitando di fatto le capacita’ dell’intero sistema/piattaforma;

– La maggiorparte degli obiettivi fu riconosciuta a una distanza di circa 300-500 metri di fronte al percorso di volo dell’INFANT

– Durante gli attacchi, i primi passaggi furono nella stragrande maggioranza dei casi compiuti con le Minigun, mentre i secondi con le i razzi da 70mm. A dispetto di cio’, nel primo passaggio era possibile ingaggiare i bersagli nel 68% dei casi con entrambi gli armamenti.

– L’Availability Rate (AR) in Vietnam delle cannoniere UH-1M INFANT raggiunse il 49%, contro il 56% dei normali UH-1M con M21 e il 67% degli UH-1C gunship (valori rilevati nello stesso periodo)

– L’AN/ASQ-132 richiedeva nel complesso quattro ore di manutenzione a terra per ogni ora di funzionamento in condizioni operative.

– Il Mean-Time-To-Repair (MTTR) era pari a 11.6 ore-uomo.

– Il Mean-Time-Between-Failure (MTBF) dell’ASQ-132 era 6.2 ore;

– La gamma di contrasto dei monitor degli apparati di visione DV e RV fu giudicata inadeguata;

– In termini di sicurezza, il sistema INFANT in Vietnam si dimostro’ meno pericoloso del previsto durante i voli notturni, ed in particolare rispetto al periodo dei test in patria;

– L’INFANT fu giudicato ideale nella raccolta di informazioni, anche in congiunzione con altre piattaforme destinate a queste attivita’ (es. Mohawk);

– L’integrazione del sistema d’arma M21 con l’ASQ-132 si rivelo’ efficace, sopratutto quando veniva comparato ad altri sistemi privi di una vera propria integrazione fra le armi ed i sensori;

– L’ASQ-132 poteva per certi versi assistere la navigazione notturna, ma i piloti non potevano per ragioni di sicurezza fare completamente affidamento su di esso;

– Scoperta e riconoscimento dei bersagli avvenivano spesso in simultanea grazie all’ASQ-132;

– Le restrizioni imposte dalle necessarie regole d’ingaggio rendevano meno efficaci gli attacchi contro bersagli di opportunita’;

– Molte delle operazioni di manutenzione furono giudicate troppo dispendiose a causa della scarsa accessibilita’ del sistema ASQ-132, per il numero di persone richieste o piu’ semplicemente per via delle numerose procedure “step-to-step”;

– Da un punto di vista ergonomico i controlli dell’ASQ-132 furono giudicati adeguati, sebbene perfettibili sotto molti punti di vista (gli equipaggi avevano talvolta difficolta’ nel distinguere un controllo dall’altro e inoltre qualche manopola o interruttore si trovava in posizioni scomode)

– Lo schermo posteriore (rear monitor) si rivelo’ di scarso aiuto, contribuiva ad incrementare il peso dell’elicottero, e di conseguenza non venne quasi mai montato a bordo;

– Gli illuminatori IR furono giudicati inadeguati in quanto, trovandosi in posizione arretrata, limitavano il campo di visione dei sensori DV e RV;

– Durante l’impiego dell’ASQ-132 era difficile mantenere l’occhio adattato alla visione notturna;

– Gli operatori del sistema DV riportarono affaticamento degli occhi e mal di testa dopo circa 4 ore di utilizzo. Molti piloti avrebbero preferito l’installazione di due apparati RV;

– La particolare coordinazione richiesta nell’impiego dell’ASQ-132 non fu giudicata un problema dagli equipaggi. I sensori separati per pilota e co-pilota/cannoniere furono valutati positivamente;

– Il Sistema INFANT non poteva essere impiegato con efficacia nei pressi di forti fonte di luce come bengala illuminanti, oppure nelle vicinanze dei sistemi di illuminazione dei perimetri delle basi;

– La densa foresta riduceva notevolmente le capacita’ dell’ASQ-132;

– Le testate a flechettes dei razzi da 70mm si rivelarono piu’ efficaci rispetto alle testate HE;

– La piattaforma INFANT dava il meglio quando le unita’ di terra che supportava erano informate sulle capacita’ e sui limiti della medesima;

ALTRI UTENTI DELL’INFANT

Oltre alla Prima Divisione di Cavalleria, gli UH-1M INFANT furono oggetto di valutazioni da parte dei seguenti reparti:

  • 191st AHC/13th CAB/1st Aviation Brigade
  • 162th AHC/13h CAB/1st Aviation Brigade

Un paio di UH-1M INFANT furono presi in consegna dalla 191st AHC (Can Tho) nella tarda estate del 1970 e assegnati al plotone cannoniere “Bounty Hunters” fino al dicembre dello stesso anno (vedi anche le mie precedenti note sul #66-00511). Queste macchine successivamente passarono alla 162th AHC che li impiego’ nel corso dell’anno seguente. La storiografia ufficiale della 162th AHC dice dell’INFANT:

The Vultures supported the INFANTS and provided a C&C ship to navigate for and direct the INFANT team on nightly patrols of the canals south and east of Can Tho down to the U-Minh Forest. The INFANTS flew low along the canals and engaged targets without displaying any visible light, even on the darkest night (there were 3 small blue lights on top of each INFANT ship to enable the C&C ship to see them and navigate for them). For the six months or so it was attached to the 162nd the INFANT fire team was very effective and destroyed hundreds of sampans, and probably got a similar number of KIAs. The psychological impact of two gunships accurately identifying and engaging targets in complete darkness must have been terrifying to the VC/NVA. However, the INFANT ships required a great deal of maintenance support and were withdrawn in late 1971.

Per la cronaca, Vultures era il plotone della 162nd AHC equipaggiato con gli UH-1D/H slick (da trasporto). Il plotone cannoniere era invece noto come Copperheads. In basso potete vedere le patches delle due unita’ citate.

UH-1M INFANT del plotone cannoniere della 191st Assault Helicopter Company ripreso durante le intensive operazioni di manutenzione. Notare sulla destra del muso il grosso cavo in fibra ottica del sistema ad intensificazione di luce che sbuca letteralmente dal parabrezza.

Questa sezione e’ da considerarsi IN PROGRESS.

*   *   *

ALTRI SISTEMI

Nei primi anni Settanta gli Stati Uniti testarono sull’AH-1G Cobra un apparato simile all’INFANT, ossia il CONFICS (Cobra Night Fire Control System), basato pero’ sulla sola LLLTV (Low Light Level TV), asservita unicamente alla torretta M28 sotto il muso. Almeno tre macchine ricevettero questo sistema.

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Sempre in quel periodo apparvero anche i primi sistemi FLIR (Forward Looking Infra-Red), che ovviamente erano molto piu’ pesanti ed ingombranti dei modelli attuali. Il FLIR nacque nel 1963 da una brillante intuizione di Kirby Taylor, un giovane ingegnere dell’Arkansas assunto della Texas Instrumens. L’apparato forse piu’ avanzato dell’epoca era l’Aerojet Electrosystems AN/AAQ-5 SSPI (Sighting System Passive Infrared), installato sia sullo Huey, che sul Cobra.

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UH-1M con Aerojet ElectroSystems AN/AAQ-5 SSPI montato sul muso. Similarmente all’INFANT, l’SSPI era asservito al sistema d’arma M21.

L’AN/AAQ-5 fu testato da speciali FLIR Team distaccati presso i seguenti reparti di volo

2/17 Cavalry
7/1 Cavalry
282nd Assault Helicopter Company

flirssip

Uomini del C Troop, 2-17 Cavalry posano di fronte un UH-1M con FLIR.
Photo courtesy of Jim Newman via vhpamuseum.org

Il rapporto ufficiale del Frankford Arsenal del 1972 conclude:

Reports such as the U.S. Army ENSURE 78 RVN evaluation of the AN/AAQ-5 FLIR under actual combat conditions attest to the potential of far infrared imaging devices, in detecting, acquiring, and identifying targets at extended ranges. These systems, however, are not without their drawbacks; in particular, for the airborne case, their huge size and weight restricted aircraft performance and load carrying capacity; equipment and parts costs were high, unique operating environments were required for the FLIR detectors, and the systems proved to be unreliable and difficult to maintain. It was clear that more R and D would be required before lightweight, low cost and dependable FLIR systems could be fielded. Problems lead to the continued search for improvements in system concepts, designs and materials. Parametric Image-Up-Conversion is one such system concept which has recently generated considerable interest and, potentially, may prove to be a viable technique for developing an infrared imaging system free from many of the problems associated with FLIR.

cobrasmash

Nel caso del Cobra, oltre al FLIR, era presente anche un radar MOTARDES (Moving Target Detection System) Emerson Electric AN/APQ-137B, che era contenuto in quel grosso pod che vedete a sinistra della foto in alto. L’AN/APQ-132, che emetteva impulsi in radiofrequenza (RF), poteva rilevare ogni oggetto o persona in movimento a velocita’ eguali o superiori a 2 km/h. Questo sistema, noto come SMASH (South-East Asia Multisensor Armament System), fu sviluppato dalla Bell Aerospace Division in congiunzione con lo U.S. Army Weapon Command.

smashpatch La patch del team di valutazione SMASH

[1] Note sul #66-00511

Qui di seguito le unita’ che ebbero in carico il #66-00511:

  • D/227th AHB (Bien Hoa, Nov ’69 – Mar ’70)
  • INFANT Det/HHC/11th CAB (Phu Loi, Apr-Lug 1970)
  • 191st AHC (Can Tho, Ago 1970 – Feb 1971)
  • 388th Transportation Company (DS) (Mar 1971)

In Vietnam il #66-0051 totalizzo’  601 ore di volo (Nov ’69 – Mar ’71)

Conclusa l’esperienza nel Sud Est Asiatico, il #66-0051 fu dapprima trasportato negli USA e poi trasferito al Flight Detachment dell’AVSCOM della 5th Army (St. Louis, MO – Apr ’71), dove fu privato del sistema INFANT e portato alle condizioni originali. In seguito fu immagazzinato presso l’US Army Aeronautical Depot Maintenance Center (Corpus Christi, TX – Mag-Lug 1971) e infine riassegnato a altre unita’ fino al ritiro definitivo dal servizio. La Army National Guard fu l’ultima ad averlo in servizio

BIBLIOGRAFIA

* A History of Army Aviation: From Its Beginnings to the War on Terror, by James Williams, iUniverse Inc., 2005
* Huey Cobra Gunships, di Frank Bishop, Osprey Publishing, 2006
* Iroquois Night Fighter and Night Tracker (INFANT), Final Report, Department of the Army, 1970
* Vietnam Chopper – Helicopter in Battle, 1950-1975, di Simon Dunstan, Osprey Publishing, 2003
* Ensure 100 HR/54 report, Department of the Army, 1971
* Vari stralci di rapporti e dati ottenuti da numeri di Army e U.S. Army Aviation Digest


50 anni fa il primo centro del TOW (was: One Blessed Mess)

towlaunch

Il sistema missilistico filoguidato TOW viene oggi ricordato come uno dei maggiori successi nel campo dei missili controcarro, giusto? Giustissimo. Ma a distanza di mezzo secolo dal primo lancio vale forse la pena di ricordare le numerose difficolta’ incontrate dall’esercito statunitense durante la lunga fase di messa a punto di quest’arma.

Nel 1963 iniziavano i test di lancio del missile controcarro filoguidato TOW prodotto della Hughes Aircraft sotto la direzione del MICOM (MIssile COMmand) dell’US Army. Il primo lancio avvenne il giorno 18 Settembre presso il poligono del ben noto Redstone Arsenal, ad Huntsville, Alabama.

Come ando’? Umm, avete presente il detto: “chi ben comincia e’ a meta’ dell’opera?” Bene, perche’ si verifico’ l’esatto opposto 🙂

Il motore di lancio a razzo (prodotto dalla Hercules) esplose infatti come un maxi-petardo quando il missile si trovava ancora nel lanciatore, distruggendo completamente la meta’ del missile stesso. Il problema fu apparentemente causato dal sistema di alimentazione del motore di lancio, che si basava su pellet perforati di propellente a doppia base (680 grammi in totale).

Dopo aver investigato sulle cause e appurato che il sistema a pellet non garantiva margini di sicurezza e affidabilita’ soddisfacenti, venne presa la decisione di sostituire il motore di lancio originale con un nuovo modello, alimentato da barrette di propellente M7. L’appalto per lo sviluppo del nuovo motore fu affidato alla Atlantic Research Corporation (Virginia). Per la cronaca, la composizione dell’M7 era la seguente: 54.6% di nitrocellulosa, 35.4% di nitrogligerina, 7.8% di potassio perclorato, 1.2 di Carbolac I, 0.90% di Ethyl Centralite e 0.020% di grafite.

Nell’attesa di ricevere il nuovo motore ed evitare ulteriori ritardi, l’US Army decise di proseguire i test con il motore a pellet, riducendo pero’ la quantita’ del propellente da 680 a poco piu’ di 540 grammi. Tutto cio’ porto’ ad un inevitabile riduzione della velocita’ alla bocca, che passo’ cosi’ da 250 a 200 piedi al secondo (ossia da 76 a 60 m/s). Valori che erano ben al di sotto delle specifiche.

A dispetto delle precauzioni dell’esercito, il secondo lancio (8 ottobre) si risolse in un altro fallimento. In questo caso pero’ non fu il motore di lancio a fare cilecca, bensi’ quello principale impiegato per la crociera (flight motor), che esplose in volo durante l’accensione, a circa 8 metri dalla volata del lanciatore. L’esplosione fu causata da un componente del motore assemblato in modo scorretto. Insomma, un banale quanto fastidioso problema legato al controllo di qualita’.

Il primo lancio coronato da successo fu il terzo, effettuato il 17 Ottobre. A questo ne seguirono ulteriori tre, tutti andati a buon fine.

In tutti i casi si trattava di lanci non guidati.

towp1I PRIMI LANCI GUIDATI

Il programma inerente i tiri guidati ebbe inizio la mattina del 27 Novembre 1963 e prevedeva un totale di 34 lanci. Al 14° lancio l’esercito fu tuttavia costretto a sospendere le prove per avviare un’indagine sulla qualita’ costruttiva dei sistemi consegnati dalla Hughes. Venne infatti fuori che ben 10 dei 14 lanci si erano risolti in un fallimento per guasti legati alla componentistica. Nel dettaglio, furono riscontrati malfunzionamenti alle superfici aerodinamiche di controllo, alle batterie, al giroscopio, agli attuatori e alla sorgente IR sulla coda del missile. Le indagini si conclusero nel Luglio 1964 con la pubblicazione del consueto rapporto dell’esercito. Gli investigatori appurarono che la stragrande maggioranza dei guasti era dovuta a problemi di costruzione e assemblaggio e non di progettazione.

Nonostante la bonta’ del progetto, fu comunque necessario modificare radicalmente il sistema di guida a causa di difficolta’ nella trasmissione dei segnali attraverso i cavi. Queste ultime modifiche incrementarono l’affidabilita’ del TOW, ma lo resero anche un sistema molto piu’ complesso. Ad esempio, le parti elettroniche del missile passarono da 136 a 591, mentre quelle del lanciatore da 1100 a 1900.

I test furono riesumati in Luglio, ma a dispetto delle piu’ stringenti procedure di controllo della qualita’, i problemi di affidabilita’ continuarono a manifestarsi. Dei 14 missili lanciati da luglio a dicembre, solo 7 raggiunsero il bersaglio. Questo portava il totale dei lanci a 28, di cui appena il 50% di essi coronati da totale o parziale successo. Mentre i risultati furono tutt’altro che entusiasmanti, va pero’ detto che quando il missile funzionava e andava a segno gli effetti erano devastanti. La cosa che piu’ impressiono’ i militari, abituati ai farraginosi sistemi MCLOS come l’SS.11, era la straordinaria precisione. In almeno undici centri fu calcolato un CEP di appena 30 centimetri sia contro bersagli fissi che in movimento. Tali risultati confermarono nuovamente quanto emerso nelle indagini dei mesi precedenti: il progetto era valido, ma era necessario intervenire in modo risolutivo sul controllo di qualita’.

Il 32° e ultimo lancio guidato (due in meno rispetto ai piani iniziali) avvenne il 17 Dicembre 1964, con ben cinque mesi di ritardo sulla tabella di marcia.

Qui di seguito trovate il riassunto delle attivita’ di lancio:

– 13 centri diretti con un CEP attorno ai 30 cm
– 1 centro sfiorato (near miss)
– 2 malfunzionamenti causati da problemi estranei al sistema TOW
– 1 malfunzionamento al lanciatore
– 15 lanci coronati da insuccesso per guasti o problemi alla componentistica del missile

I 13 centri riguardavano bersagli stazionari oppure mobili fino ad una velocita’ di 48 km/h e a distanze superiori ai 3000 metri (oltre le specifiche).

Research and Development Prototype Test

La fase successiva dei lanci, conosciuta come Research and Development Prototype Test (R&D PT), si svolse invece fra il 6 Gennaio 1965 e il 20 Giugno 1966. In totale furono compiuti 62 lanci e ancora una volta si verificarono casi di missili costruiti con parti difettose o assemblate in modo non corretto. Questo problema, unito alla carenza di fondi e ad incertezze decisionali, fecero slittare di un anno la produzione in serie (dal FY1967 al FY1968), cosi’ come la consegna all’esercito dei primi lotti di produzione (da settembre 1967 a settembre 1968)  e della readiness (dal Marzo 1968 al Marzo 1969). I problemi e i ritardi naturalmente ebbero l’effetto di aumentare considerevolmente i costi del programma.

Nel frattempo al TOW venne assegnata la designazione di XBGM-71. Il missile aveva un calibro di 148.59mm (5.85 pollici) per una lunghezza di 1165mm (45.9 pollici) e un peso di 17,4 kg (38.5 libbre). Il motore a razzo poteva agevolmente spingerlo fino a oltre i 1000 km/h. Le componenti principali comprendevano:

– il sistema di guida AN/TSQ-67 (XO-1);
– la testata a carica cava (HEAT) XM207;
– la testata da addestramento XM220;
– il motore di lancio XM114;
– il motore da crociera XM113;

Il sistema completo, comprensivo di lanciatore XM151 con treppiede, sensori, organi di puntamento, batterie ecc, pesava 75.2 kg, ossia 2,7 kg in piu’ rispetto alle specifiche richieste.

Ritornando ai lanci R&D del periodo 1965-66, va segnalato che a dispetto delle arcinote rogne legate a parti difettose, il missile aveva fatto registrare apprezzabili miglioramenti sul versante affidabilita’.

Come scritto poc’anzi, vi furono 62 lanci in totale, di cui 50 effettuati con missili dotati testata HEAT diretti contro bersagli stazionari o in movimento. I restanti 12 tiri facevano invece parte di collaudi con testate inerti, ad esempio per verificare le prestazioni in volo (in questo caso i missili venivano semplicemente lanciati contro punti fissi nel vuoto).

Al Redstone Arsenal avvennero 42 dei 50 lanci live programmati. Il bilancio fu piuttosto positivo con ben 31 centri, ossia il 73.8% di colpi andati a segno.

Gli ultimi 8 lanci si svolsero in clima artico. A questo proposito il TOW team fu inviato a Fort Greely, Alaska. Nell’inospitale clima dell’estremo nord-ovest americano, il missile TOW non si comporto’ altrettanto bene come nella piu’ mite Alabama. Solo 2 missili su 8 raggiunsero e colpirono il bersaglio, abbassando in questo modo la percentuale dei colpi andati a segno al 66%. Il CEP medio fu attorno ai 48 cm (anche qui le prove artiche contribuirono ad abbassare la media).

Ecco qualche statistica supplementare

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5 dei 17 colpi a vuoto furono attribuiti alla rottura prematura dei cavi, 4 al malfunzionamento della fonte IR in coda al missile, 3 a guasti all’elettronica del missile, 3 al motore di crociera e 3 a malfunzionamenti di vario tipo.

La conclusione della campagna di tiro R&D porto’ la Hughes ad attuare un importante programma di modifica del sistema TOW.

Fra le modifiche principali si segnalavano:

– Sostituzione del faro IR in coda
– Nuove batterie (3 identiche in luogo delle precedenti due)
– Adozione del sistema di lancio a freddo (gas N2)
– Riprogettazione della parte elettronica del missile per incrementare l’affidabilita’ in presenza di temperature estreme, forti scosse o vibrazioni

Le modifiche sopra riportate trasformarono il missile in un’arma molto piu’ efficiente ed efficace.

Il TOW entro’ in produzione a partire nel 1968, con i primi sistemi distribuiti due anni piu’ tardi presso reparti dell’US Army. La nuova arma sostitui’ i cannoni senza rinculo M40A1 da 105 e i missili controcarro MGM-32 di origine francese.

Il debutto operativo, nemmeno a dirlo, avvenne in Vietnam, dove il TOW fu montato sia su elicotteri tipo UH-1 su sottosistema d’arma XM26 (due lanciatori trinati), sia a bordo di veicoli leggeri derivati dalla M151 MUTT (nella foto in basso, M825A2 con lanciatori M220 fotografati a Pleiku nel 1972).

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I primi carri furono distrutti da missili lanciati da UH-1 il giorno 2 Maggio 1972, durante l’Offensiva di Pasqua.

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Vista frontale dell’UH-1 con XM26 Armament Subystem. I due Huey del 1st Combat Aerial TOW Team  inviati a titolo sperimentale in Vietnam distrussero decine di mezzi corazzati e veicoli Nordvietnamiti.

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Uno degli Huey/XM26 del 1st CATT con dipinte le tacche raffiguranti i bersagli distrutti.


[Gallery] Scorci di Bien Hoa AB

Costruita dal Governo Sudvietnamita nel 1955 come semplice base logistica, Bien Hoa nel giro di un decennio divenne una delle piu’ importanti e trafficate basi aeree dell’Asia Orientale. Fino al 1960 ha ospitato unicamente reparti della Vietnam Air Force (VNAF), ma a partire dall’anno seguente le forze USA iniziarono a trasferire un numero sempre maggiore di aerei ed elicotteri, tanto che in breve tempo divenne a tutti gli effetti una base joint.

Durante il ventennio 55-75, le piste di rullaggio di Bien Hoa hanno visto un po’ di tutto: dai primi T-28 di Farm Gate, ai C-123 di Ranch Hand carichi di defolianti, passando per F-100, F-102, F-4, F-5, C-47, Invader, A-37, Skyraider, B-57, elicotteri di ogni forma e dimensione e persino droni.

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Ubicazione geografica di Bien Hoa AB

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1961 – T-28 Trojan con insegne VNAF
(Photo USAF)

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Douglas A-1 Skyraider dell’Aeronautica Sudvietnamita a Bien Hoa nel 1964
(U.S. Air Force photo)

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Questa foto fu scattata all’indomani del famoso attacco compiuto da unita’ Vietcong il 1 Novembre 1964. Durante la notte i mortai dei guerriglieri comunisti riuscirono a danneggiare o distruggere ben 27 aeromobili: 20 B-57 (5 distrutti), 4 elicotteri e 3 Skyraider. L’USAF lamento’ anche 4 morti e 72 feriti. (Photo: US Air Force)

bien57Uno dei B-57 colpiti dai VC a Bien Hoa il 1 Novembre 1964
(Photo: USAF)

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Altra foto interessante, scattata nel 1965. Qui vediamo un buon numero di intercettori F-102 Delta Dagger con camo SEA, una coppia di F-4 e persino dei ricognitori RB-47H. Sullo sfondo si possono notare anche un paio di C-130 e ulteriori F-4 (Photo: U.S. Air Force)

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F-5C Freedom Fighter del 4503rd Tactical Fighter Wing ripresi a Bien Hoa il 31 Gennaio 1966.
(U.S. Air Force photo)

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Un paio di FAC Cessna O-1 Bird Dog fotografati nel 1966.

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Super Sabre e Delta Dagger
(Photo: Bob Coveney)

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Cessna A-37A Dragonfly
(Photo: USAF)

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F-100 USAF e F-5 dell’Aeronautica Sudvietnamita
(Photo: SDASM)

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Qua si vedono – oltre ai summenzionati F-100 e F-5 – pure dei droni Ryan Firebee (in basso a sx), C-130, DC-130, U-8 Seminole, C-47 e una “porzione” bella abbondante di A-1 Skyraider 🙂 (Photo: SDASM)

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Droni Firebee e aeromadre DC-130
(Photo: SDASM)

bienfirebeeQuattro Ryan Firebee
(Photo: SDASM)

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F-100 del 90th TFS
(Photo: Rick Norris via www-f100.org)

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Quartiere dove alloggiavano gli avieri di Bein Hoa. Notare la piscina e in basso uno scorcio dei campi da gioco
(Photo: SDASM)

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La zona ricreativa. A sx spicca il campo di pallacanestro.
(Photo: SDASM)

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(Photo: Pat Rundle via Doug Kibbey / vhpamuseum.org)

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Altro scorcio…

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(Photo: SDASM)

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Bien Hoa ospitava anche varie unita’ di Aviazione dell’Esercito, fra cui il 145th Combat Aviation Battalion

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CH-47 Chinook
(VA049960, Thomas B. Wood, Jr. CW4, USA, Ret. Collection, The Vietnam Center and Archive, Texas Tech University)

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(Photo: SDASM)

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Strade e vialetti erano completamente asfaltati. A sx un pickup Dodge.
(Photo: SDASM)

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Fra i reparti di volo dell’US Army ospitati a Bien Hoa c’erano gli elicotteri della 118th Assault Helicopter Company (AHC), detti “Bandits”)

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Foto del compound del Distaccamento 6, 38th ARRS, che era un reparto di soccorso aereo che volava con gli HH-43 Huskie, elicotteri davvero brutti, ma molto utili ed affidabili.

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Skyraider e HH-43 in primo piano
(Photo: USAF)

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Fairchild C-123 Provider
Photo: Terry Green via http://www.20thengineerbrigadereunion.com

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Aerocannoniera Douglas AC-47D Spooky fotografata a Bien Hoa nel Luglio 1968
(Photo: USAF)

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F-5B biposto della VNAF

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Gunship UH-1C della 68th AHC
Photo by Kent Hufford via http://www.68thahc.com

bakerhoaC-47 e Skyraider della VNAF
(Photo credit: William Baker via http://www.20thengineerbrigadereunion.com)

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Douglas A-4 Skyhawk dell’U.S. Marine Corps a Bien Hoa nel 1972
(Photo credit: http://robertdyoung.blogspot.it)


Find’m, Fix’m, Fly’M – Carri Attrezzi Volanti in Vietnam

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Nella foto in alto potete vedere il Rice Paddy Daddy, uno dei “carri attrezzi” volanti in dotazione alla 56th Transportation Company (Direct Support). Si tratta di un UH-1D decorato con una quantita’ spropositata di tacche dipinte sulla carlinga. Ogni tacca rappresenta un aeromobile recuperato. Nell’anno in cui fu scattata questa foto (1966), questa compagnia aveva recuperato 180 Huey, 51 Sioux e 16 Beaver, per un totale di ben 247 macchine. Nel 1968 riuscirono invece recuperarne addirittura 350, con grande soddisfazione dei contabili dello Zio Sam.

Carri attrezzi volanti? Yes. Dovete sapere che durante la Guerra del Vietnam, operavamp reparti dell‘US Army che si occupavano, fra le altre cose, del recupero degli elicotteri danneggiati a seguito di abbattimenti o atterraggi di emergenza nel belmezzo di foreste, campagne e risaie (non di rado infestate dagli obiqui e sfuggenti Vietcong).

Queste operazioni erano note come Flyaway Pack, ovvero una sorta di Servizio ACI dei cieli, solo leggermente piu’ rischioso e complicato 🙂

Il piu’ famoso di questi reparti era appunto la 56th TC, il cui motto era “Find’m, Fix’m, Fly’m” (letteralmente: troviamoli, ripariamoli e facciamoli volare).

La 56th TC si occupava della manutenzione di livello intermedio (3rd e 4th echelon), del rifornimento e del recupero degli aeromobili non divisionali dei reparti di volo dislocati nell’area sud del III Corps e nell’intero IV Corps (vedere mappa in basso). Tali attivita’ rientravano in quello che era definito come Direct Support (DS). Capitava, comunque, di prendersi cura anche di aerei ed elicotteri di unita’ divisionali, cosi’ come di USAF, RVNAF (aeronautica Sudvietnamita) e persino Air America (ovvero la CIA). In questi ultimi casi si parlava di backup direct support o backup maintenance.

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Una tipica missione di recupero iniziava con una chiamata via radio da parte del “cliente” (il reparto in cui operava l’aeromobile in panne) all’Operation Officer della compagnia Direct Support (DS), che prontamente informava l’ufficiale addetto al recupero (che fungeva anche da comandante della missione). Il cliente doveva preventivamente fornire tutte le informazioni necessarie: tipo di aeromobile coinvolto, ubicazione del medesimo, descrizione dei danni, situazione sulla sicurezza dell’area e cosi’ via.

La compagnia DS per prima cosa elitrasportava sul sito un ufficiale o sottufficiale della manutenzione per valutare la possibilita’ o meno di riparare l’aeromobile in loco. In caso positivo, veniva inviato un secondo elicottero con tutto l’equipaggiamento necessario alla riparazione. Una volta riparato, l’elicottero ripartiva autonomamente dal sito verso la base dell’unita’ di appartenenza.

Se invece la riparazione sul posto non era possibile, l’ufficiale addetto al recupero procedeva alla pianificazione della recovery mission. In sostanza studiava la mappa del luogo calcolando la distanza e il tempo approssimativo richiesto per il viaggio e il stazionamento. Fatto cio’, chiamava e informava l’unita’ che avrebbe fornito il “carro attrezzi”, che nella stragrande maggioranza dei casi era un elicottero medio CH-47 Chinook.

Durante l’avvicinamento alla zona di recupero, i piloti si mettevano in contatto radio con le unita’ a terra che operavano nell’area per avere una situazione il piu’ possibile aggiornata. Sempre i piloti dovevano sincerarsi via radio che nessuna postazione d’artiglieria sparasse sulla rotta di volo o in direzione del recovery site:

“Hello Square Lobster Control, say artillery for flight route Saigon to Tay Ninh, over.”

“This is Square Lobster; we have negative artillery firing your route of flight”

Insomma, era una faccenda piuttosto complicata.

recoveringhueychinook

Il team di recupero era organizzato attorno ad un UH-1D o H, soprannonimato rigging ship. Quest’ultimo trasportava il recovery team (in genere composto da tre uomini, detti riggers), gli attrezzi e gli equipaggiamenti richiesti per preparare l’aeromobile al trasporto attraverso il gancio baricentrico (la cosiddetta “imbragatura”).  Questa operazione richiedeva mediamente 10-15 minuti per un mezzo piu’ o meno intatto.  Quando il Chinook arrivava sul sito, spesso l’aeromobile da recuperare solitamente pronto per l’aggancio. In caso contrario, il CH-47 attendeva volando in circolo sopra l’area, ben al di fuori dalla portata di tiro delle armi leggere. La missione, per la cronaca, poteva includere anche un paio di elicotteri armati con funzioni di scorta e appoggio.

Dopo aver effettuato l’aggancio – rigorosamente in hovering – il Chinook partiva alla volta del campo base della compagnia DS. Uno Huey integro poteva essere trasportato ad una velocita’ massima di circa 60-75 nodi (110-140 km/h), che scendevano a 40-50 (75-92 km/h) in assenza della sezione di coda o in presenza di certi danni come il parabrezza frantumato.

Una volta arrivato al campo base, l’aeromobile incidentato veniva ispezionato nelle apposite aree di manutenzione.  Se i danni non erano troppo estesi si procedeva direttamente alla riparazione. I mezzi piu’ malmessi o che necessitavano di particolari attrezzature, venivano spediti in strutture DML (Depot Level Maintenance) oppure nella attrezzatissima nave officina USNS Corpus Christi Bay (che dal 1966 si trovava regolarmente ancorata al largo delle coste sudvietnamite). Questa preziosa unita’ navale poteva svolgere buona parte delle operazioni di manutenzione DML, inclusa la realizzazione di componenti e parti di ricambio. Per determinate operazioni di overhaul, le macchine venivano invece spedite negli States, di solito presso il Corpus Christi Army Depot (Texas.).

Gli aeromobili che non potevano essere riparati (o che non conveniva riparare), venivano raggruppati in boneyard all’aperto e usati come fonti di parti di ricambio utili a tenere in efficienza altre macchine.

Il desiderio di disporre di un sempre maggior numero di simili unita’ era ovviamente legato alla massiccia presenza di elicotteri nel Sud Est Asiatico. Dalle due compagnie di aviazione presenti in Vietnam a Dicembre 1961, l’esercito passo’ ai 510 aeromobili del gennaio 1965, fino ad arrivare al picco di 4.228 aerei ed elicotteri del Settembre 1969.

Comando, logistica e servizi dell’U.S. Army erano all’epoca gia’ piuttosto informatizzati. In particolare le unita’ DSU-GSU (direct support unit-general support unit) si avvalevano di moderni computer NCR 500 (1965) e macchine perforatrici IBM installati in shelter climatizzati. I sistemi informatici aiutavano i soldati a tenere l’inventario aggiornato dei magazzini ricambi, delle attivita’ di riparazione e in genere di tutte quelle mansioni legate al sistema organizzativo logistico di supporto.

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3 Aprile 1968, Bien Hoa Air Base (22 km NE Saigon) – Squadra di manutenzione lavora indaffarata attorno ad un AH-1G Huey Cobra della 334th AHC, 145th CAB, 12th CAG, 1st Aviation Brigade. (Photo: US Army/SSG A. Batungbacal)

Breve storia della 56th Transportation Company

Le radici della 56th Transportation Company possono essere fatte risalire al 3 Gennaio 1941, con l’attivazione a Porto Rico della Company B, 51st Quartermaster Truck Battalion. Dal 1941 al 1950 la Company B passa attraverso quattro differenti designazioni, ma rimane fondamentalmente una tradizionale compagnia autocarri. Il 25 Maggio 1950 la compagnia, allora designata 56th Transportation Truck Company, viene soppressa e riattivata un anno e mezzo piu’ tardi (14 Dic 1951) a Camp Pickett (Virginia) e infine nuovamente disattivata presso il Letterkenny Ordnance Depot (Pennsylvania) il 20 Giugno 1956.

La 56th rinasce come unita’ manutenzione aeromobili (aircraft maintenance company) il 20 Giugno 1963 a Fort Lewis (Washington) mentre un anno dopo arriva l’ordine di chiamata per il Vietnam.

La neo-ricostituita unita’ sbarca a Saigon il giorno 16 Ottobre 1964. Nella capitale sudvietnamita essa opera dall’aeroporto di Tan Son Nhut con i vecchi elicotteri pesanti Sikorsky CH-37 Mojave (usati come gru volanti) e cannoniere UH-1B, che forniscono scorta e supporto di fuoco durante le missioni di recupero.

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Nel 1965 la compagnia viene ufficialmente inquadrata nel 765th Transportation Battalion (Aircraft Maintenance and Supply) “Straight Arrow”. Il 765th TB e’ assegnato al 12th Combat Aviation Group (ex US Aviation Group), che dal Marzo 1966 viene a sua volta inglobato dalla 1st Aviation Brigade, mastodontica unita’ che in Vietnam controllava e organizzava tutti gli aeromobili non divisionali dell’esercito.

In quel periodo i vecchi CH-37 Mojave vengono definitivamente sosituiti dai CH-47 Chinook.

Nel Gennaio 1968 il reparto viene ridislocato a Long Than North Army Airfield, dove fornisce supporto a qualcosa come 42 unita’ di aviazione dell’esercito per un totale di circa 427 aeromobili (273 elicotteri e 155 aerei). Qualche anno dopo, nel 1971, passa alle dipendenze del 720th Transportation Battalion.

La storia della di questa unita’ nel Sud Est Asiatico si conclude dopo quasi otto anni di servizio ininterrotto in zona di guerra. Lo sciogliomento ufficiale avviene proprio in Vietnam, il 30 Aprile 1972.

La 56th TC e’ una delle pochissime unita’ statunitensi ad aver preso parte a tutte e le 17 campagne della Guerra del Vietnam. Nell’ambito di quel conflitto e’ stata insignita di ben cinque Meritorious Unit Commendation, nonche’ di una Civil Action Honor Medal dal Governo della Repubblica del Sud Vietnam.

:: PHOTO GALLERY ::
Elicotteri ed aerei recuperati durante la Guerra del Vietnam

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CH-37 Mojave con Huey al baricentrico
(US Army photos)

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UH-1D della 540th Transportation Company recupera un Cessna O-1 Bird Dog

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Un CH-54 Skycrane solleva un gemello in panne in Vietnam
(Photo: rivista Hawk, US Army, 1970)

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UH-1H recupera un elicottero OH-6A LOacH danneggiato. Operazione Lam Som 719 (1971)

Sikorsky_Skycrane_carrying_2_Hueys_cCH-54 recupera una coppia di UH-1

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Spesso gli elicotteri dell’esercito intervenivano per recuperare aerei tattici dell’aviazione, come questo Skyraider del 6th SOS (Pleiku, 1969)

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La USNS Corpus Christi Bay: un vero centro di riparazione aeromobili galleggiante. Durante il 1969 questa nave prese a carico 37,887 componenti danneggiati dal valore complessivo di 51.9 milioni di dollari. Il 91% di questi furono consegnati ai reparti perfettamente funzionanti. In un rapporto ufficiale, il 34th General Support Group fece notare che la presenza della Corpus Christi Bay in Vietnam contribui’ da sola a rendere disponibili alle forze americane cola’ stanziate ulteriori 120 elicotteri al giorno. (Photo: US Army)

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Elicottero danneggiato viene issato a bordo della USNS Corpus Christi Bay. Questa unita’ aveva un equipaggio di 129 uomini e imbarcava oltre 300 tecnici e specialisti dell’esercito comandati da un Tenente Colonnello (Photo credit: US Army)

Documentario sulla USNS Corpus Christi Bay